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Archeologia: a Castellammare di Stabia la scoperta di un acquedotto precedente a quello borbonico

CASTELLAMMARE DI STABiA (NAPOLI) – La scoperta archeologica di un secondo acquedotto di epoca precedente a quello borbonico ristrutturato nei boschi di Quisisana a Castellammare di Stabia potrebbe riscrivere la storia dell’area da sempre conosciuta, attraverso le testimonianze di Plinio il Vecchio, come una delle zone più ricca di acque e terme.
“Il lavoro di esplorazione che l’Archeoclub d’Italia aps Stabiae conduce da alcuni anni sta conseguendo risultati molto importanti.
Di recente nei boschi di Quisisana è stato scoperto un secondo acquedotto, fino ad oggi sconosciuto, in quanto la folta vegetazione e la natura impervia dei luoghi ha reso inaccessibili alcuni angoli della collina.
Il ritrovamento di un acquedotto più antico di quello ristrutturato/costruito dai Borbone tra il 1783 ed il 1793 circa è confermato proprio dalle mappe borboniche dell’epoca. L’acquedotto più antico aveva una portata di circa un quarto di quello borbonico, con uno speco di sezione cm 20×25. L’acquedotto appena scoperto corre ad una quota diversa rispetto a quello borbonico, la sezione e l’altitudine sono due elementi che ci consentono di formulare delle ipotesi: l’antico acquedotto poteva servire direttamente il Palazzo Reale ed i borghi collinari fino a giungere al centro antico, l’ampliamento della Dimora Reale con la costruzione delle fontane del Re e la crescente richiesta della risorsa idrica, dovuta all’incremento demografico ed alla costruzione dei cantieri navali e dei bagni penali”. Lo ha annunciato Massimo Santaniello, Presidente Archeoclub D’Italia sede di Castellammare di Stabia, in Campania che da anni sta conducendo ricerche e studi sul territorio.

“Per cui si passa da una sezione cm 20×25 a quella di cm 40×50 quadruplicando la portata di acqua. Lo straordinario ritrovamento consiste in un arco canale che ha origine da una piccola grotta – ha continuato Santaniello – all’interno del quale sono presenti due sorgenti canalizzate verso l’arco canale, quest’ultimo costruito in pietrame con larghezza di cm 70/80 circa. Nel corso dell’esplorazione, nelle immediate vicinanze della grotta, abbiamo rinvenuto un canale che probabilmente convogliava una terza sorgente verso l’arco canale. Inoltre, a differenza dei canali costruiti o ristrutturati tra il 1783 ed il 1793, esso presenta una copertura più stabile eseguita in pietrame ben sigillato con malta, un’opera realizzata contestualmente alla costruzione dello speco. Estendendo le ricerche a poche centinaia di m dall’arco canale, abbiamo rinvenuto una fornace per la cottura della calce, una delle tante presenti sulla collina di Quisisana a testimoniare la fiorente attività di produzione di calce anche finalizzata alla costruzione degli acquedotti. Questa ultima scoperta ci consente di datare l’antico acquedotto di Quisisana ad una data precedente al 1783, probabilmente di alcuni secoli più antico. Le ricerche ancora in corso potrebbero dimostrare l’origine più antica dell’acquedotto.
Il lavoro di ricerca di archivio e di esplorazioni sui luoghi è frutto della collaborazione tra l’Archeoclub d’Italia aps Stabiae e la Soprintendenza Metropolitana di Napoli per un progetto di tutela e valorizzazione dell’intera rete di acquedotti dei Monti Lattari a cui verrà trasmessa tutta la documentazione raccolta”.

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