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Chi ha scarcerato il boss Zagaria? l’opposizione chiama in aula il Guardiasigilli Bonafede

ROMA – Nello scontro tra il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede ed il magistrato Nino Di Matteo si è inserita la telefonata del premier Giuseppe Conte per ribadirgli “la piena fiducia per il suo operato”. Conte, all’epoca dei fatti denunciati da Di Matteo era presidente del Consiglio, “ha ricordato al ministro di essere stato da lui informato dell’intenzione di coinvolgere Di Matteo in una posizione di rilievo. Pensare – aggiunte Conte –  che questa possibilità di collaborazione del dott. Di Matteo con il ministero della Giustizia non si sia concretizzata per il presunto condizionamento subito dal ministro per effetto di affermazioni pronunciate da qualche boss mafioso è fuori dalla realtà”. La difesa del Guardasigilli da parte del Presidente del Consiglio è netta. Tuttavia, nell’analisi dei fatti così come accaduti non è tanto stabilire se sia stata rimangiata la promessa di assegnare la responsabilità del Dap al magistrato Di Matteo ma sarebbe opportuno stabilire che cosa è successo quel 24 aprile scorso quando è stato scarcerato il boss Michele Zagaria. 
Zagabria avrebbe ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza il provvedimento di scarcerazione per motivi di salute in quanto il boss, detenuto con il 41 bis, nel carcere di Sassari, aveva presentato, attraverso i suoi legali, un certificato per continuare le sue terapie di chemioterapia. La scarcerazione si rendeva necessaria perché l’Ospedale di Sassari dove Zagaria era in cura, non avrebbe più potuto effettuare le terapie contro il cancro perché l’avvento dell’epidemia avrebbe fatto riconvertire l’Ospedale di Sassari in un presidio per Covid-19. Dunque stando così i fatti Zagaria non avrebbe più potuto accedere alle cure necessarie e che i suoi legali  avevano formulato la richiesta di scarcerazione motivando: “Il diritto alla salute è un diritto primario garantito dalla Costituzione, ed è importante quanto l’interesse punitivo dello Stato”. Fin qui nulla da eccepire se non fosse che l’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica dell’Ospedale di Sassari non ha mai smesso di somministrare terapie chemioterapiche e non è diventata una struttura riconvertita di Covid-19. Che cosa è successo allora? Come è stato possibile firmare la scarcerazione senza un motivo accertato? Chi ha omesso di controllare la procedura. Solo il Dap, poi rimosso, o c’è una catena di responsabilità che ha investito altri soggetti? E’ questa la questione su cui il ministro dovrebbe fornire una risposta con un accertamento su come sono andati i fatti per cancellare qualsiasi ombra sullo stesso ministero ma anche per garantire la sicurezza del paese.

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