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La Spagna moderna celebra 542 anni dell'unione di Castiglia ed Aragona ma cova ancora l'indipendentismo

  • di Antonio Iannaccone
  • in Cultura
La Spagna moderna celebra 542 anni dell'unione di Castiglia ed Aragona ma cova ancora l'indipendentismo
(PRIMAPRESS) - MADRID - In una Spagna non ancora risolta tra le posizioni del governo di Madrid e la ricercata indipendenza catalana, sospesa in questo momento dall’emergenza sanitaria per la diffusione del Covid-19, il prossimo 20 gennaio cade il 542° anniversario dell’unione dei regni di Castiglia ed Aragona che, di fatto, hanno significato la formazione della Spagna moderna. Ma quali sono le motivazioni profonde che ancora covano come brace sotto la cenere nel desiderio indipendentista della Catalogna all’indomani del discusso referendum del 1° ottobre 2017? Oggi è bene ricordare il passato dal quale i fatti più odierni traggono le loro origini: nel 1479, la Spagna si dota della forma statale con la quale siamo abituati a concepirla, ovvero una monarchia unitaria comprendente più dell’80% della superficie totale della penisola iberica. Dieci anni prima, nel 1469, il primo grande passo in questo senso venne eseguito, ovvero l’unione delle corone di Castiglia e di Aragona, i cui rispettivi monarchi erano Isabella I e Ferdinando il Cattolico. Il Quattrocento rappresenta il culmine della riconquista spagnola ai danni dei Mori, un’epopea militare, religiosa e politica che permise ai cattolici europei di riappropriarsi della propria terra nell’arco di 800 anni, la cui riuscita permetterà alla Spagna di assurgere a grande potenza. La genesi della Spagna unirà due realtà davvero eterogenee: da una parte la Castiglia che nel Quattrocento era una compagine politicamente accentrata e dinamica in termini militari e demografici, dall’altra un’Aragona indebolita, ma con un’esperienza sociale-amministrativa degna di nota. Il regno d’Aragona era stato tra ‘200 e inizio ‘300 una realtà estremamente dinamica, estesa, stabile e qualitativa sul profilo statale e militare, esso era riuscito a porre sotto il suo dominio le isole Baleari, la Sardegna, la Sicilia, l’Italia meridionale e temporaneamente l’Attica sotto il suo controllo con un sistema decentrato in cui le varie compagini regie avevano ampia autonomia. La Catalogna in particolare aveva una forte classe borghese le cui istanze erano protette dai “diputats”, ovvero dei controllori aristocratici che si curavano di evitare soprusi da parte delle autorità. L’intero regno aveva una tradizione di dialogo con il re, il quale doveva convocare ogni tre anni una dieta per discutere dei problemi delle istanze sociali. L’unione con la Castiglia fu un terremoto, complice un’atavica antipatia tra le due culture iberiche, oltre che all’abituale libertà di cui godevano borghesi e nobili aragonesi. L’Aragona dovette subire la Castiglia e non viceversa: già pochi anni dopo l’unione vi furono sommosse nel regno orientale e anche nel Seicento, come nel Settecento: ad ogni mossa accentratrice o di percepito sopruso, i catalani risposero con violente rivolte. La Spagna è storicamente eterogena (vi erano altri regni iberici come quello di Navarra), l’autorità castigliana ancora oggi viene spesso percepita da diversi catalani, ma anche da baschi e galiziani, come una forza esterna che, in virtù del suo primato, reprime le antiche libertà e le culture regionali degli stati costituenti la corona spagnola. - (PRIMAPRESS)