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Energia, Italia Nostra invita il Governo a bloccare gli incentivi per eolico e fotovoltaico

ROMA – Italia Nostra si schiera con decisione contro lo sviluppo di impianti fotovoltaici ed eolici in Italia, giudicandoli dannosi per l’ambiente e per le comunità, a rischio infiltrazioni mafiose e capaci di beneficiare economicamente filiere industriali estere. Su questi punti è stata costruita la relazione dell’Associazione nata per tutelare il patrimonio culturale e ambientale italiano, alla X^ e XIII^ Commissione del Senato nell’audizione relativa agli atti comunitari n°15 e 16 sul potenziale dell’energia oceanica e le Politiche dell’energia e del clima per il periodo 2020-2030.
Il documento presentato da era sottoscritto anche dai Presidenti di  Altura, Amici della Terra, LIPU,  Wilderness Italia e Movimento Azzurro, tutti fortemente preoccupati per la definizione degli obiettivi dell’Unione Europea al 2030 in materia di contenimento dell’emissione di gas climalteranti.
“Siamo preoccupati che la possibile fissazione di obiettivi europei vincolanti nel periodo 2020-2030  in materia di energia rinnovabile – ha commentato Marco Parini, Presidente di Italia Nostra – possa favorire una nuova ondata di impianti industriali di produzione di energia elettrica da fonti non programmabili (in particolare eolica e solare in aree verdi) con forte impatto ambientale, scarsi risultati in termini di riduzione dei gas serra, inefficienze e insostenibile costo economico”.
Nel documento presentato si enunciano anche le criticità degli impianti di questo tipo finora realizzati, considerati come una delle più violente e repentine aggressioni al paesaggio ed all’ambiente italiano. Dal punto di vista tecnico Italia Nostra reputa l’eolico e il fotovoltaico realizzati in questi anni un “disastro in termini di costi sostenuti dalla collettività: oltre 12 miliardi all’anno di soli incentivi ed un onere complessivo, se si includono i gravosi servizi ancillari che le Fonti ad Energia Rinnovabile (FER) non programmabili comportano; una delle cause principali del costo proibitivo dell’energia in Italia con la conseguenza di una spinta alla delocalizzazione delle produzioni a più alto consumo di energia dall’Italia verso Paesi dove l’energia costa meno e le normative per il rispetto dell’ambiente sono meno stringenti, determinando, in questo modo, un aumento delle emissioni di gas serra a livello globale; un considerevole flusso di denaro in uscita dall’Italia per l’acquisto dell’hardware che ha favorito quasi esclusivamente imprese e filiere industriali estere; un beneficio occupazionale ridotto e limitato alle installazioni; un nuovo lucroso affare per la criminalità organizzata, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno”. Inoltre l’assorbimento di un tale carico di risorse economiche avrebbe anche impedito di sviluppare la ricerca, di base ed applicata, per lo sviluppo di nuove tecnologie e “qualsiasi altro investimento in settori ben più performanti per la riduzione di gas serra come le rinnovabili termiche, l’efficienza energetica, le modalità di trasporto sostenibile e il telelavoro”.
“Recentemente – ha proseguito Parini – i Presidenti di Regione  Vendola, Crocetta e Castellacci  in Italia e il premier Cameron in Inghilterra, hanno espresso forti e chiare tutte le loro perplessità sull’invasione di pale o pannelli che ha devastato il  loro territorio. Persino in Germania, paese leader nella produzione delle tecnologie per l’utilizzo delle fonti eolica e fotovoltaica, è in atto la revisione delle incentivazioni e, nell’ambito di tale procedura, una commissione di esperti indipendenti nominata dal Bundestag ha concluso che l’incentivazione delle FER tedesche non è uno strumento efficace per la salvaguardia del clima, non è economicamente efficiente, né ha avuto un effetto positivo sull’innovazione”.
Nello specifico il documento presentato da Italia Nostra al Senato chiede al Governo non solo di non incentivare più nuovi impianti industriali FER elettrici, ma anche una congrua ed equa tassazione degli impianti incentivati in modo spropositato prima della riforma del 2012, dalla quale ottenere le risorse, senza ulteriori aggravi né per lo Stato né per i consumatori, per raggiungere il nuovo obiettivo al 2030 in materia di riduzione delle emissioni nocive. E non si tratterebbe di un comportamento isolato in Europa , scrivono ancora le Associazioni, visto che la Spagna e la Grecia hanno già agito con grande determinazione proprio in questo senso per riassorbire, in parte, i propri eccessi di prodigalità.
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