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Espulsione ambasciatori dalla Turchia, le reazioni dell’Europa e l’isolamento di Erdogan

ISTANBUL – La reazione dell’Europa non si è fatta attendere dopo la cacciata di 10 ambasciatori occidentali, ordinata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Si tratta  della  prima espulsione di massa di diplomatici dal Paese. Non c’era mai stato un provvedimento di tale portata in Turchia, che negli ultimi 50 anni, in totale, aveva cercato la dichiarazione di persona non grata solo per tre diplomatici. Negli Anni ’80, il ministero degli Esteri turco spingeva per l’espulsione dell’allora ambasciatore iraniano, Manocher Mottaki, ma Teheran lo richiamò sostituendolo. Mottaki – inviso ad Ankara per le sue incursioni nel dibattito interno turco – divenne in seguito ministro degli Esteri. Prima di lui era stata la volta dell’ambasciatore libico Abdulmalik (1986) e del secondo segretario all’ambascia siriana, Darwish Baladi (1986), che anche lui lasciò il Paese prima di essere espulso. La mossa di Erdogan porterà la Turchia ad isolarsi sempre di più dalle relazioni con il Vecchio Continente. Nel provvedimento di Erdogan sono coinvolti i rappresentanti di Stati Uniti, Francia e Germania. Poi Canada, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia. Le persone “non gradite” del presidente turco sono i diplomatici che avevano firmato un appello per la liberazione del filantropo anti Erdogan Osman Kavala, detenuto da oltre 4 anni. Lo ha annunciato lo stesso presidente turco. La replica del presidente del Parlamento europeo David Sassoli arriva peró solo con un poco istituzionale Twitter in cui scrive: «L’espulsione di dieci ambasciatori è un segno della deriva autoritaria del governo turco. Non saremo intimiditi. Libertà per Osman Kavala». Una reazione più appropriata per un movimento di diritti civili che per un rappresentante dell’Unione Europea. 

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