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Vincenzo Cantatore: lo sport può abbattere il muro dell’isolamento e dell’emarginazione

ROMA – Vincenzo Cantatore nel 2007, battendo sul ring il rivale Alexander Gurov, conquistò ai Fori imperiali, davanti a 17.500 spettatori, il titolo europeo dei Massimi leggeri : quella notte fu lui il vero il “gladiatore” del Colosseo. Professionista dal 1993, in carriera ha disputato 39 incontri da professionista, collezionando 33 vittorie (di cui 27 per ko), un titolo mondiale Wbu (1998), la corona europea Ebu (2004) oltre che diventare già nel 1990 campione italiano. Nel 1992 nei dilettanti vinse a Minsk la medaglia d’oro ai campionati del mondo dei pesi supermassimi. Nato nel 1971 a Bari, all’età di cinque anni si trasferisce a Roma e la capitale diventerà la sua seconda terra, dove tuttora vive con la moglie Francesca Minardi e le figlie Giulia e Claudia. Il 12 gennaio del 2010 si è laureato in Scienze politiche all’Università degli Studi di Parma discutendo la tesi dal titolo “Lo sport nella Società”. La struttura sportiva Top Rank  in via Flaminia è un’autentica palestra di vita e di sport, sotto la sua direzione e supervisione tecnica. Per diventare campioni soprattutto nella vita: il rapporto che si instaura col proprio tecnico è fondamentale, risulta decisivo anche nel ridurre l’abbandono precoce dello sport. Al crescere dell’autostima crescono anche le capacità di apprendimento dei giovani che imparano ad operare scelte autonome  e responsabili.

Dal ring alla palestra con i giovani: l’importanza di trasmettere la passione verso lo sport

Credo che sia naturale per uno sportivo voler trasmettere i sani principi dello sport. Una missione che ho voluto trasferire anche nel sociale: per tre anni come volontario mi sono occupato di formazione e integrazione nel carcere di Rebibbia: la competizione identifica anche la lotta che il soggetto deve fare con se stesso per migliorarsi. Dal 2010 sono socio di Villa Letizia, una comunità terapeutica e socio riabilitativa per ragazzi con disturbi psichici.

Lavorare con giovani che hanno problematiche diventa davvero un’impresa straordinaria

Ritengo fondamentale un intervento educativo per consentire a questi ragazzi di acquisire nel tempo una serie di autonomie per una legittima partecipazione alla vita sociale. Lo sport può abbattere il muro dell’isolamento e dell’emarginazione. L’autonomia implica essere in relazione. L’attività sportiva è in grado, oltre di mettere in risalto le potenzialità, di trasformare i difetti in un punto di forza.

L’hai definita la terapia dello sport: mens sana in corpore sano?

Lo sport ha una grande capacità nella gestione del recupero. In soggetti affetti da determinate patologie, lo sport può diventare parte integrante di una terapia per la guarigione o quantomeno per il miglioramento. Lo sport, quindi, come vera alternativa per la riduzione di farmaci. L’efficacia del nostro progetto sportivo, grazie ad un luminare della psichiatria come Santo Rullo, nei programmi di riabilitazione psico-sociale dei pazienti psichiatrici, è stato apprezzato e condiviso dagli operatori a livello internazionale. E’ indicata anche per coloro che assumono neurolettici o hanno dipendenze da stupefacenti.

Nelle prestazioni ad alto livello come si gestiste l’equilibrio mentale per rendere al massimo?

I più grandi talenti nello sport hanno un personale mental coach. Con il dottor Santo Rullo abbiamo creato una struttura dove mettiamo a disposizione di tutti un mental coach, perché non si può allenare solamente il fisico in palestra. Occorre lavorare sui meccanismi della nostra mente, sulle dipendenze che ci condizionano e che ci possono pregiudicare la performance. La mente è il motore che accende anche i muscoli e non viceversa.

Lo sport anche come antidoto per la depressione?

La depressione quando si protrae per lungo tempo può comportare cambiamenti neuroendocrini nelle secrezioni ormonali che regolano l’umore e le attività quotidiane: la nostra metodologia, applicata all’attività sportiva, esercita quindi un’azione positiva per aumentare il benessere psicofisico.

Quanto è importante la cura dei dettagli per una elevata performance?

Sono stato sempre molto meticoloso nel mio lavoro, non ho mai trascurato i particolari. La cura dei dettagli sono fondamentali perché sono quelli che fanno la differenza. Non basta quindi avere le potenzialità tecniche e fisiche per raggiungere i risultati: occorrono umiltà, grande spirito di sacrificio, determinazione e voglia di lottare. Senza ricorrere mai a scorciatoie.

La vita, come quella di uno sportivo, non è fatta solo di vittorie e successi, a volte bisogna avere la forza per affrontare e superare le sconfitte

Questo sport mi ha insegnato una cosa importante: nella vita si può cadere, al tappeto sul ring ci sono andato anche io, l’importante è stringere i denti e rialzarsi sempre. Vincere e perdere sono entrambi aspetti formativi di una stessa esperienza. Non bisogna mai perdere gli stimoli. La sfida consiste anche nel comprendere che mai tutto è perduto, che è ancora possibile sognare e desiderare qualcosa per migliorare la propria esistenza.

L’unico pugile ad aver combattuto al Colosseo con 17.500 presenze: un’emozione unica

Il giorno successivo al match dopo sentivo ancora l’eco del pubblico che mi aveva incitato mentre ero su quel ring, quel pubblico che aveva gioito e sofferto insieme a me: il calore della gente è stata la vera vittoria che porterò sempre dentro di me. Mi sembra ancora di sentire quelle urla di entusiasmo e di incoraggiamento. Un’emozione indescrivibile che torna a distanza di anni e che ti fa capire perché si possa amare così intensamente lo sport. E quell’emozione fa ritrovare il vero senso agli allenamenti, alle rinunce, alle fatiche che danno il significato ad una vita intera. Perché tutti quei sacrifici e tutte quelle difficoltà ti fanno crescere, maturare e soprattutto possono renderti un uomo migliore.

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