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Lo scontro Di Matteo-Bonafede si annida nel giallo della scarcerazione del boss Zagaria

ROMA – Lo scontro tra l’ex pm antimafia di Palermo ora al Csm, Nino di Matteo ed il Guardasigilli, Alfonso Bonafede rischia di diventare una polveriera. Tutto è avvenuto in una sede non istituzionale anche se gli inizi riferiti al 2018 hanno preso forma proprio al Ministero della Giustizia come lo stesso Di Matteo ha affermato.
Che cosa ha provocato lo scontro? Nino Di Matteo ha puntato il dito su Alfonso Bonafede per avergli prima proposto, nel 2018 appunto, (governo Lega-M5S), di assumere l’incarico di capo delle carceri. Ma dopo due giorni avrebbe fatto marcia indietro. La voce corre. La polizia penitenziaria registra la reazione di importanti boss che tra di loro in cella dicono “se arriva questo abbiamo chiuso”, le telefonate intercettate finiscono sui media. Fin qui la cosa sembrava essersi sopita ma sta di fatto che la scarcerazione, in queste settimane, di un boss eccellente come Michele Zagaria del clan dei Casalesi ha fatto emergere la necessità di riorganizzare il Dipartimento di amministrazione penitenziaria tanto da velocizzare le nomine di Dino Petralia e Roberto Tartaglia. 
Ma ciò che resta ancora un giallo in questa vicenda è perché il superboss Zagaria sia stato scarcerato. Secondo la ricostruzione confermata (su organi di stampa) anche dagli avvocati del detenuto al 41 bis, Zagaria è stato scarcerato il 24 aprile scorso perché non era più nelle condizioni di essere sottoposto a chemioterapia in quanto l’ospedale di Sassari, dove è sottoposto alle cure, è stato trasformato in reparto Covid. “Il diritto alla salute è un diritto primario garantito dalla Costituzione, ed è importante quanto l’interesse punitivo dello Stato”, si legge legittimamente nei commenti dei legali tanto da spingere il Tribunale di Sorveglianza ad emettere il provvedimento di scarcerazione. La questione, però, è che l’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica dell’Ospedale di Sassari, non è tra le strutture assistenziali riconvertite per il Covid-19 e non ha mai smesso di erogare le terapie e i trattamenti di chemioterapia. Un giallo che il ministro della Giustizia Bonafede dovrà risolvere per un caso che rischia di minare tutto l’assetto di governo.

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