MILANO – La fashion blogger Anna Dello Russo ha vinto una battaglia con il fisco che non le aveva consentito di dedurre dai suoi incassi, i vestiti acquistati per per la sua attività professionale. Ora, invece, una sentenza ha dato ragione all’influencer: “I vestiti utilizzati dalla fashion editor sono parte integrante del personaggio e dell’immagine che viene professionalmente spesa”: è questa la sentenza che dà ragione ad Anna Dello Russo nel suo contenzioso con l’Agenzia delle Entrate.
La popolare giornalista di moda, ex direttrice creativa di Vogue Japan e attualmente con un seguito da 2,8 milioni di follower su Instagram, l’ha spuntata presso la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, alla quale l’Agenzia delle Entrate aveva contestato, ormai nel 2015, l’indeducibilità dei costi di abiti, accessori e gioielli costosi a fini Irpef e l’indetraibilità a fini Iva.
Nel giudizio di primo grado il fisco aveva avuto ragione ma nell’appello la sentenza è stata ribaltata deliberando che le spese sostenute dalla giornalista sono invece parzialmente deducibili, dal momento che il guardaroba di Dello Russo sarebbe funzionale alla propria attività lavorativa. L’acquisto di vestiario e accessori, dunque, viene legalmente considerato una condizione imprescindibile per la professione svolta, “di cui rappresenta il necessario presupposto”. Il ricorso, poi volto a favore di Dello Russo, è stato promosso dall’avvocato Luigi Quercia e dal commercialista Stefano Montanari.
Nello specifico, è stato scritto nella seconda sentenza che la fashion editor “non si limita a svolgere una semplice attività di giornalista ma è una influencer nel campo della immagine della moda, di conseguenza anche il vestiario utilizzato è parte integrante del personaggio dell’immagine che viene professionalmente spesa. L’acquisto di vestiario di vario genere è una condizione strettamente collegata con l’attività svolta e ne rappresenta il necessario presupposto di modo che va ritenuto inerente alla particolare attività esercitata”. Bocciato, invece, il ricorso sul fronte di spese viaggio e auto, che non possono essere ricondotti al lavoro di influencer o fashion editor.
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