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Musical: Sette Spose per Sette Fratelli al Brancaccio, spettacolo non al passo con i tempi, anacronistici gli stereotipi sessisti

ROMA – Ispirato al celebre omonimo film di Hollywood, è tornato in una nuova edizione il musical “Sette spose per sette fratelli”, in scena al Teatro Brancaccio di Roma dal 12 ottobre al 30 ottobre, con la regia di Luciano Cannito.
All’interno di un grande impianto scenografico e con i costumi progettati e creati secondo i canoni estetici e spettacolari di Broadway e di West End, cantano e ballano 22 interpreti accompagnati dalle musiche del Maestro Peppe Vessicchio. A guidare la compagnia i due protagonisti, Diana Del Bufalo e Baz.
Il musical è sicuramente conforme alla versione originale degli anni 50’ in cui la donna è rappresentata al passo con i suoi tempi, ma per portarlo in scena ancora oggi, nel 2022, sarebbe stato opportuno reimpostarlo scardinandolo da tutti quegli stereotipi sessisti. L’uomo rimane protagonista, e nonostante venga rieducato da una donna, non c’è sviluppo per lei (se non come madre o moglie). Il ratto delle Sabine è la storia idolatrata dai personaggi maschili che cantano di come sia fuorviante dare credito ad una donna che dice “no” e in realtà non intende davvero dire di no. Messaggio in linea con quell’epoca, sicuramente, ma dal quale il musical non riesce a distaccarsi in maniera evidente. Se da una parte può sembrare un gioco di derisione verso questo machismo, dall’altra c’è da dire che alla fine la morale non è delle più paritarie in fatto di genere. La scena animata e ballata della festa in cui i fratelli devono conquistare il cuore delle future mogli, è il momento più bello ed entusiasmante della serata. Gli incastri, i movimenti, la coreografia tutto ben coordinato.  Nell’insieme il secondo atto risulta meno coinvolgente e più lento, la storia narrata e resa in una maniera meno convincente. Bravi tutti i 22 componenti del cast, tra i quali spicca il giovane Gedeone. Diana del Bufalo è la protagonista indiscussa, mentre Baz viene oscurato dalla sua presenza.
La regia è sommariamente ben fatta seppur a tratti discontinua, momenti di vuoto e silenzio che hanno rallentato l’intero spettacolo. Così come per le didascalie stile hollywoodiano: buona l’idea, troppo lenta la resa.
RED-CENTRALE

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