TREVISO – Importanti novità per la mostra “Giappone: dai Samurai a Mazinga, con Hokusai, Hiroshige e Utamaro” in corso a Casa dei Carraresi a Treviso. Il successo di pubblico ha convinto gli organizzatori a prorogare al 31 maggio la data di chiusura dell’esposizione trevigiana, che si rinnova con l’arrivo di oltre ottanta opere tra le quali preziosi reperti mai esposti provenienti dalla Collezione Bardi custodita nel Museo di Antropologia dell’Università di Padova.
Le numerosissime richieste di prenotazioni, circa 20.000, da parte di gruppi agenzie e associazioni da tutto il territorio nazionale, arrivate già a partire dai primi giorni di apertura della Mostra, avevano appunto già convinto gli organizzatori a prolungare la durata della stessa a 31 maggio 2015 portando quindi il tempo di apertura dai 4 mesi previsti a oltre 7 mesi.
La delicatezza di alcune opere, in particolare le sete e i dipinti su carta, ha reso tuttavia necessaria la loro restituzione agli enti ed ai musei prestatori. Lungi dall’impoverire la mostra, il riallestimento, effettuato il 27 febbraio, è diventata l’occasione per esporre a Treviso, oltre ottanta nuove opere.
«E’ una vera e propria “mostra nella mostra” – afferma il curatore Adriano Màdaro – E’ come se dentro la mostra originaria adesso ce ne fosse anche un’altra. Nuova, affascinante e molto bella da scoprire»
Il pubblico potrà ammirare trenta nuove stampe Ukiyo-e dei grandi maestri Utamaro, Hiroshige, Hokusai; rotoli a muro decorati su finissima carta; paraventi di carta dipinta; alcune nuove maschere del Teatro Nō; abiti in seta preziosa riccamente decorati; armature di antichi Samurai tra quelle esposte nella prima suggestiva sala della mostra, che prenderanno il posto di quelle ammirate sino ad ora nella prima sala di apertura.
Tra le opere arrivate a Treviso spiccano, inoltre, quaranta preziosi reperti mai esposti provenienti dalla Collezione Bardi custodita nel Museo di Antropologia dell’Università di Padova, con modellini di case giapponesi dell’Ottocento, raffinati oggetti di artigianato giapponese risalenti al XVIII e XIX secolo, e preziosi vasi di porcellana.
La collezione di arte giapponese del Museo di Antropologia di Padova proviene dal Museo di Arte Orientale di Venezia. Anch’essa faceva parte in origine della collezione di circa 36.000 pezzi raccolta da Enrico di Borbone (1851-1906), conte di Bardi, e dalla moglie Aldegonda di Braganza, i quali l’avevano formata durante il viaggio in Oriente iniziato nel 1887. Alla morte del conte, la moglie cedette la collezione all’antiquario austriaco Trau, al quale fu sequestrata dal governo italiano in seguito alle vicende belliche (1918). La maggior parte della raccolta trovò sistemazione a Ca’ Pesaro, attuale sede del Museo di Arte Orientale di Venezia. In seguito (1935 e 1942) parte delle collezioni venne depositata presso l’Università di Padova. Il primo gruppo di oggetti (860), definiti di “piccolo valore venale”, furono scelti da Raffaello Battaglia per il Museo dell’Istituto di Antropologia da lui diretto. Solo più tardi fu richiesta la cessione del secondo lotto (1309 pezzi) per completare la precedente rassegna.
Il sapiente riassortimento aggiunge valore all’ottimo lavoro narrativo realizzato dai curatori Adriano Màdaro e Francesco Morena, e sostenuto da un sapiente allestimento proposto dagli architetti Marco Sala e Giovanna Colombo che ha restituito il clima di questa affascinante cultura, dal momento in cui gli eventi della sua storia hanno sancito l’apertura all’Occidente, nel 1868, quando il Giappone destituiva l’ultimo shogun Tokugawa, restituiva il potere al giovane imperatore Meiji (1852-1912) e rivelava la sua cultura millenaria all’Occidente.
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