ROMA – Cosa spinge i migranti ad abbandonare la loro terra, e in alcuni casi la propria famiglia? La fuga forzata a causa del conflitto armato è una realtà dolorosa che purtroppo colpisce non solo l’Ucraina, ma migliaia di famiglie costrette a fuggire dai propri paesi in cerca di sicurezza e protezione in tutto il mondo. Ma al di là dei freddi numeri e delle statistiche c’è una storia di sofferenza e speranza, con la famiglia al centro di questa lotta per la sopravvivenza.
Il
professor Andrea Riccardi, fondatore della
Comunità di Sant’Egidio, ha recentemente parlato di cosa significa per madri, padri, mogli e mariti lavorare di più
per i propri figli e cercare la salvezza e un futuro migliore per tutta la famiglia, pubblicando un editoriale, su
Famiglia Cristiana, di cui è possibile leggere un estratto anche
qui.
Tanti intraprendono coraggiosamente viaggi pericolosi verso l’ignoto nella speranza di fornire un futuro sicuro alle loro mogli, ai figli e altri cari.
L’immigrazione più recente vede interi nuclei familiari – mogli e mariti a volte con bambini piccolissimi – intraprendere un viaggio pericoloso sopportando dure prove nella speranza di preservare il loro legame coniugale e dare ai loro figli un futuro migliore. Madri coraggiose affrontano sfide insopportabili e rischiano la vita di se stesse e dei loro figli piccoli per costruire un mondo più sicuro per le generazioni future.
I migranti affrontano molti pericoli e difficoltà apparentemente insormontabili nel loro viaggio. Da pericolose traversate su barche affollate a lunghi viaggi via terra attraverso deserti e foreste, queste persone devono superare ostacoli mortali per raggiungere un luogo sicuro dove ricostruire la loro vita insieme.
Ad esempio, Andrea Riccardi ci ha ricordato cosa succede sotto il regime talebano quando ha recentemente un campo profughi afghano di Islamabad, in Pakistan: «Persone in condizioni disumane: gente in condizioni inumane: erano maestri, insegnanti, poliziotte, parenti di persone assassinate. Avevano confidato nell’Occidente abbracciando una vita libera, specie le donne. Ora sono senza patria».
Anche in Siria la situazione è disperata: un paese devastato da oltre un decennio di guerra, con il 90% delle famiglie siriane che vive al di sotto della soglia di povertà. O anche Il Bangladesh, che è al quinto posto in termini di immigrazione, dove la povertà e la sovrappopolazione spingono madri e padri a intraprendere un viaggio della speranza, con la speranza di poter dare un futuro migliore ai propri figli.
Per non parlare poi della Tunisia, in cui molti dei giovani migranti provengono o fanno tappa, ma come riportano le cronache, questi migranti non sempre raggiungono l’Italia attraverso i corridoi umanitari preposti.
E sui Corridoi Umanitari, Sant’Egidio si è molto spesa, grazie alla sua lunga storia a favore dei bisognosi e dei migranti, Sant’Egidio infatti ha istituito un corridoio umanitario volto a fornire ai rifugiati un percorso legale e sicuro verso l’Europa. Insieme ad altre ONG, la comunità fondata da Andrea Riccardi, sostiene le famiglie di rifugiati accogliendole in Italia e fornendo loro l’assistenza sociale di cui hanno bisogno. Permettendo così a migliaia di persone di raggiungere l’Europa in tutta sicurezza e permettere loro di ricongiugersi ai loro cari, a mogli, mariti e figli che non avevano notizie dei loro familiari e vivevano nell’angoscia, ben sapendo di quali siano i rischi di un viaggio vero l’Italia.
Sant’Egidio è inoltre impegnata a promuovere politiche e azioni che tutelino i diritti dei migranti e ne favoriscano l’accoglienza e l’integrazione nelle società italiane ed europee. Per questo è sempre importante mantere alta l’attenzione sulle sfide che l’immigrazione ci pone come società, e come comunità europea, e lavorare per aumentare la consapevolezza su questi problemi: «Sappiamo tutti cosa significa essere lontano dai nostri cari, e ancora di più quando sappiamo che figli e congiunti possono rischiare la vita».