Ambiente, l’ANPAM contro la campagna anti-piombo nelle munizioni definita inutile
- di RED ROMA
- in Ambiente
(PRIMAPRESS) - ROMA – “La campagna per vietare il piombo nelle munizioni sportive e da caccia è una battaglia inutile per l’ambiente e dannosa per l’uomo”, la pensa così ANPAM, l’Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili che punta a chiarire definitivamente come la battaglia per l’eliminazione del metallo storico nelle proprie forniture non sia dettata da esigenze ambientali dirette ma, piuttosto, indirette e legate esclusivamente alla caccia.
“Eliminare le munizioni tradizionali per la caccia e il tiro – si legge in una nota ufficiale ANPAM - equivale a ridurre l’utilizzo del piombo di circa lo 0,35% (stima ANPAM su dati dell’International Lead Association) a livello globale”. Tra l’altro gli esperti dell’Associazione, aderente a Confindustria fin dalla sua nascita e da luglio riconosciuta come ONG all’ONU, sottolineano come il piombo usato nelle munizioni sia in forma “elementare”, cosiddetta “metallica”, e che quest’ultima sia la porzione meno pericolosa per l’ambiente di questo metallo.
Non mancano poi, come è ovvio per gli organismi rappresentanti un comparto, i dati economici relativi ad un ipotetico bando dell’uso del piombo con 20.000 posti di lavoro a rischio in Italia (145.000 in Europa) e perdite di fatturato di circa 3 miliardi nel nostro Paese in uno dei pochi settori che sta affrontando a testa alta la crisi.
D’altronde il piombo continua ad essere usato i decine di prodotti di largo consumo, ben più diffusi e pericolosi delle munizioni civili. Secondo le statistiche dell’International Lead Association (www.ila-lead.org) il 98,6% del piombo utilizzato ogni anno finisce nelle batterie (85,1% del totale), nelle vernici (5,5%), nei laminati (3,6%) e in altri prodotti, mentre solo l’1,4% è alla base della produzione delle munizioni.
“Risulta evidente quindi che quest’ultima è una porzione del tutto marginale del totale, - si legge ancora nella nota ANPAM - se si considera infatti una divisione a metà tra usi militari da una parte e sportivi e civili dall’altra scenderemmo, con il divieto di utilizzo nelle prime, allo 0,7% del totale. Aggiungendo poi il recupero del piombo che si effettua sui campi da tiro, per obblighi di legge e per una importante economia dovuta al riciclo del materiale, ecco che la percentuale di piombo dispersa tramite le munizioni sportive e civili raggiunge a malapena lo 0,35% del totale”.
A supporto delle proprie tesi l’ANPAM, probabilmente anche in risposta ad alcuni documenti dell’ISPRA e ad un paio di articoli apparsi anche su riviste scientifiche, porta due recenti documenti dell’EFSA (European Food Safety Authority) del 2010 e 2012 i quali “ribadiscono che non ci sono differenze nei livelli di piombo in soggetti più o meno consumatori di selvaggina”. - (PRIMAPRESS)