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Unioni civili, le Associazioni LGBTI bussano alla Sindaca Raggi

Unioni Civili, lettera aperta delle Associazioni LGBTI alla Sindaca Virginia Raggi del comune di Roma: nella missiva si chiede un confronto diretto con la neo prima cittadina per applicare la legge 76/2016. Agedo – Associazione di genitori parenti e amici di persone LGBTI, Anddos – Associazione Nazionale contro le Discriminazioni da Orientamento Sessuale, Azione Gay e Lesbica Associazione Onlus diritti lgbt, Associazione Lista Lesbica Italiana, Cammini di Speranza – Associazione italiania cristiani LGBT, Certi Diritti Associazione Radicale e Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Famiglie Arcobaleno – Associazione Genitori Omosessuali, Gaynet – Italia Gay Network, Magen David Keshet Italia – Gruppo ebraico LGBT, I Mondi Diversi No Profit, La Fenice Gay – Associazione Gay, Lesbica, Bisessuale e Trans Italiana, RGR – Rete Genitori Rainbow, UAAR – Unione Atei Agnostici e Razionalisti (sede di Roma) tutti in prima linea per chiedere che venga rispettato il ddl Cirinnà anche nella capitale.

La legge Cirinnà è stato un momento storico come primo fondamentale passo verso il riconoscimento di diritti civili e umani – spiega il presidente nazionale Mario Marco Canale di ANDDOS – un Paese dove tutti i cittadini, indifferentemente dal genere, razza, o orientamento sessuale, godono di pari opportunità, è simbolo di emancipazione, inclusione, condivisione, ricchezza culturale e anche serenità. Ogni sindaco ha il dovere di rispettare le leggi: dichiarare la propria contrarietà sulle Unioni Civili equivale ad una chiara scelta di natura discriminatoria e gli atti discriminatori sono vietati ai rappresentanti delle istituzioni e tutti i dipendenti pubblici”.

Questo, in sintesi, il contenuto della lettera inviata dalle Associazioni LGBTI alla Sindaca di Roma, Virginia Raggi:

Abbiamo tutti letto le nuove informazioni sul sito di Roma Capitale circa le procedure per poter celebrare le unioni civili ai sensi della nuova legge 76/2016. Appare evidente che Roma , come altre città italiane, ha scelto di non iniziare a celebrare le unioni civili prima dell’emanazione dei decreti, nonostante ciò sia comunque previsto dalla legge 76/2016. Questa scelta ribadisce un fatto: Roma sarà molto probabilmente l’ultima tra le grandi città a celebrare le unioni civili. Sono tante le persone che aspettano da anni di potersi unire e tutelare i propri affetti; un esempio per tutti: Margherita, a Milano, era malata terminale ed è morta subito dopo essersi unita alla compagna, potendole così lasciare i propri averi. Cosa sarebbe successo se si fosse trovata a Roma? Quello che è successo per decenni? Che Roma torni ad essere il faro delle politiche sui diritti civili. La posta in gioco, infatti, riguarda certamente i diritti dei cittadini e delle cittadine romane, ma anche il ruolo della capitale quale esempio da seguire per gli altri 8000 comuni d’Italia. Ci sono migliaia e migliaia di coppie, in tutta Italia, che aspettano di unirsi da oltre 30 anni, alcune delle quali hanno anche gravi problemi di salute. Ciò vale non solo per l’effettiva applicazione della legge 76, ma anche per fare il prossimo necessario passo verso la piena uguaglianza delle cittadine e dei cittadini omosessuali di questo Paese e per il contrasto alla violenza di genere. Le chiediamo che Roma si metta alla testa di un grande movimento di città e sindaci italiani per il matrimonio egualitario, come hanno fatto i sindaci americani di Mayors for the Freedom to Marry. Saremmo felici di poter discutere e condividere queste e altre proposte”.

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