Raiz e Fausto Mesolella mercoledì 29 ottobre all’Auditorium Parco della Musica di Roma
- di Red Com
- in Musica & Spettacoli
(PRIMAPRESS) - ROMA - Raiz, voce storica della dub band napoletana Almamegretta e Fausto Mesolella, chitarrista e produttore degli Avion Travel, insieme presenteranno l'album autoprodotto dei classici della canzone napoletana riletti e contaminati in modo assolutamente eclettico Dago Red, mercoledì 29 ottobre in concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma, con la speciale partecipazione della pianista e compositrice Rita Marcotulli.
Un disco funambolico che ruota intorno al gioco delle identità e al cosmopolitismo. Dago Red, che potrebbe essere tradotto approssimativamente come "Il vino rosso del terrone" - intendendo cioè il vino "rosso" degli immigrati d'origine italiana, perchè Dago era uno dei molti modi in cui, con un certo disprezzo, si potevano chiamare gli italiani d'America - è il titolo di una raccolta di racconti (e di un racconto in particolare) dello scrittore italo-americano John Fante e dovrebbe rendere benissimo l'atmosfera che si respira in questo lavoro. "Ci piaceva molto l'idea del vino rosso paesano, quello che forse non è amato dai palati raffinati dei sommelier, ma che è forte, sincero ed inebriante. Abbiamo rivisto a nostro modo nove classici della canzone napoletana lasciando lo spazio aperto alla contaminazione con ciò che napoletano non è ma che altrettanto ci appartiene. In questo lavoro la nostra anima rock, soul, blues, reggae fa pace - o ci prova! - con l'altra sua parte, quella che appartiene alla canzone della terra dove siamo nati e cresciuti. Ecco come "a muntagna", la montagna di "Tu ca nun chiagne" diventa "the mountain" che scalano gli Who in "See me, Feel me" o l'emigrante di "Lacreme Napulitane" è lo stesso "Immigrant Punk" dei Gogol Bordello; alla "Carmela" di Sergio Bruni e Salvatore Palomba ad un certo punto parla Leonard Cohen ("I'm Your Man") e la guerra descritta in "O surdato Nnammurato" viene esorcizzata da "Give me Love" di George Harrison. Tutto scorre senza confini musicali, culturali ed ideologici: persino "Maruzzella" fa un bagno nel mediterraneo orientale e si reinventa in ebraico; un viaggio a ritroso in un Sanremo di metà anni 70 ci regala l'opportunità di ricantare Angela Luce e la sua "Ipocrisia". Questo disco è esattamente quello che siamo noi: due artigiani della canzone che propongono una visione della musica (e della vita) senza pregiudizi di nessun tipo". “Questo è un lavoro quasi psicoanalitico: – dicono i due artisti - cerca di guarire la schizofrenia di due musicisti cresciuti con la musica tradizionale napoletana da una parte e il rock, il blues, il reggae angloamericani dall'altra e rimettere insieme due parti altrettanto importanti della loro identità” Raiz e Mesolella lavorano insieme da qualche anno e propongono un excursus eclettico tra canzone napoletana, rock, reggae con qualche suggestione etnica mediterranea. Chi ascolta si ritrova a fare un viaggio senza passaporto attraverso diverse anime musicali che finiscono con il trovare molti punti connessione. Una musica in cui coesistono con pari dignità anime diverse è anche vista dal duo come un'anticipazione dell'unica futura umanità possibile: quella capace di conservare la differenza per favorire confronto, condivisione e crescita collettiva invece che come arma da brandire contro chi è "diverso". - (PRIMAPRESS)
Un disco funambolico che ruota intorno al gioco delle identità e al cosmopolitismo. Dago Red, che potrebbe essere tradotto approssimativamente come "Il vino rosso del terrone" - intendendo cioè il vino "rosso" degli immigrati d'origine italiana, perchè Dago era uno dei molti modi in cui, con un certo disprezzo, si potevano chiamare gli italiani d'America - è il titolo di una raccolta di racconti (e di un racconto in particolare) dello scrittore italo-americano John Fante e dovrebbe rendere benissimo l'atmosfera che si respira in questo lavoro. "Ci piaceva molto l'idea del vino rosso paesano, quello che forse non è amato dai palati raffinati dei sommelier, ma che è forte, sincero ed inebriante. Abbiamo rivisto a nostro modo nove classici della canzone napoletana lasciando lo spazio aperto alla contaminazione con ciò che napoletano non è ma che altrettanto ci appartiene. In questo lavoro la nostra anima rock, soul, blues, reggae fa pace - o ci prova! - con l'altra sua parte, quella che appartiene alla canzone della terra dove siamo nati e cresciuti. Ecco come "a muntagna", la montagna di "Tu ca nun chiagne" diventa "the mountain" che scalano gli Who in "See me, Feel me" o l'emigrante di "Lacreme Napulitane" è lo stesso "Immigrant Punk" dei Gogol Bordello; alla "Carmela" di Sergio Bruni e Salvatore Palomba ad un certo punto parla Leonard Cohen ("I'm Your Man") e la guerra descritta in "O surdato Nnammurato" viene esorcizzata da "Give me Love" di George Harrison. Tutto scorre senza confini musicali, culturali ed ideologici: persino "Maruzzella" fa un bagno nel mediterraneo orientale e si reinventa in ebraico; un viaggio a ritroso in un Sanremo di metà anni 70 ci regala l'opportunità di ricantare Angela Luce e la sua "Ipocrisia". Questo disco è esattamente quello che siamo noi: due artigiani della canzone che propongono una visione della musica (e della vita) senza pregiudizi di nessun tipo". “Questo è un lavoro quasi psicoanalitico: – dicono i due artisti - cerca di guarire la schizofrenia di due musicisti cresciuti con la musica tradizionale napoletana da una parte e il rock, il blues, il reggae angloamericani dall'altra e rimettere insieme due parti altrettanto importanti della loro identità” Raiz e Mesolella lavorano insieme da qualche anno e propongono un excursus eclettico tra canzone napoletana, rock, reggae con qualche suggestione etnica mediterranea. Chi ascolta si ritrova a fare un viaggio senza passaporto attraverso diverse anime musicali che finiscono con il trovare molti punti connessione. Una musica in cui coesistono con pari dignità anime diverse è anche vista dal duo come un'anticipazione dell'unica futura umanità possibile: quella capace di conservare la differenza per favorire confronto, condivisione e crescita collettiva invece che come arma da brandire contro chi è "diverso". - (PRIMAPRESS)