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Terremoto Anm nei giorni della memoria di Falcone. L’italia delle toghe sporche

ROMA – La bufera che si abbattuta nell’Associazione nazionale magistrati (Anm) è solo il frutto di lunghi anni dove si sono consumate, nel silenzio più assordante, tutte le lotte di correnti politiche all’interno di un organismo che avrebbe dovuto mostrare la sua terziarietà. Nessuno ha mai messo mano a questa distorsione che sta delegittimando la magistratura e il tessuto sociale del paese. Che cosa sta accadendo? Dopo la pubblicazione di whatsapp di magistrati e giornalisti contro il leader della lega Matteo Salvini che hanno sollevato una coltre di intrighi e connivenze, si sono dimessi i componenti di Area e di Unicost, compresi il presidente Poniz e il segretario Caputo. Essi hanno lasciato l’organo dell’associazione nazionale magistrati dopo la pubblicazione delle ultime intercettazioni che riguardano l’inchiesta che ha travolto l’ex presidente dell’Anm Palamara e che coinvolgono anche Area.
Crescono i nomi di magistrati e giornalisti entrati nelle intercettazioni svelate dal trojan iniettato nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, rinviato a processo a Perugia dopo la tempesta che ha travolto il Csm per l’intrigo delle nomine nelle procure decise in segreto.
Ad andare in frantumi è l’attuale dirigenza della magistratura associata, da poco in sella dopo lo tsunami giudiziario. Il presidente Luca Poniz di Area, la corrente progressista delle toghe che era uscita “bene” dalla tempesta, e il segretario Giuliano Caputo di Unicost, la corrente più affondata perché dominata dal ras Palamara, si sono dimessi dopo la pubblicazione di intercettazioni di chat e conversazioni.
Le ultime intercettazioni emerse dalla “gola profonda” del telefonino di Palamara, è destinata a sfornare altri intrecci che non portano nulla di buono all’orizzonte. La magistratura da troppo tempo nei sondaggi aveva perso la fiducia dei cittadini e altrettanto sta accadendo nella stampa e in alcuni giornali che hanno smesso di fare il loro mestiere per muovere i fili del potere ma prendendo i proventi di stato dalle tasse dei cittadini.

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