Celebrazioni: l'Indipendenza della Lituania a 103 anni dalla firma dell'Atto
- di Antonio Iannaccone
- in Cultura
(PRIMAPRESS) - ROMA - “Calpestati dall’elefante della storia”, così si esprimeva il poeta polacco Nobel per la letteratura Czesław Miłosz riferendosi alla sorte degli Stati baltici. L’espressione racchiude bene il destino turbolento e d’oppressione che i popoli baltici subirono fra l’aquila prussiana e l’orso russo. Fu proprio grazie alla congiuntura storica di una Russia vittima della guerra civile e di una Germania sconfitta nella Prima Guerra Mondiale che la Lituania rientrò sul palcoscenico della storia il 16 febbraio del 1918, con la stesura dell’Atto di Indipendenza. Questo Atto fu però solo simbolico, dato che non venne riconosciuto dalla Germania, desiderosa di voler portare al termine la “Drang nach Osten” (spinta verso l’Est) e assoggettare il Baltico formando dei regni fantoccio. Con l’armistizio di Compiègne dell’11 novembre 1918 e la fine della Prima Guerra Mondiale, la Lituania trovò nella neonata RSFS Russa il suo principale nemico: la Russia bolscevica aveva intenzione di stracciare il trattato di Brest-Litovsk, siglato pochi mesi prima, per rientrare in possesso dei suoi avamposti sul Baltico. La Lituania dovette rapidamente formare un esercito per opporsi alle armate rosse che nel marzo 1919 avevano occupato 2/3 del Paese. Grazie al sostegno della neonata Repubblica di Weimar e dei suoi 10.000 volontari sassoni, la Lituania coadiuvò lo sforzo bellico contro la Russia bolscevica sostenuto anche da Polonia, Lettonia ed Estonia che combattevano per l’indipendenza con gli stessi mezzi. Scongiurata la minaccia russa, la Lituania si scontrò con la Polonia circa la sovranità su Vilna, la storica capitale del Gran Ducato di Lituania che veniva però reclamata anche dal generale polacco Piłsudski, nella sua ottica di restaurazione della Confederazione polacco-lituana, avendo dalla popolazione di cultura polacca di Vilna un valido sostegno. I polacchi si impossessarono astutamente di Vilna dopo essere riusciti a contenere l’avanzata russa, aggirando l’accordo di Suwalki, siglato poco tempo prima con la Lituania. Venne inscenato un ammutinamento delle truppe guidate dal generale Żeligowski che attaccarono Vilna, dando vita alla Repubblica della Lituania Centrale, la quale venne successivamente annessa tramite referendum alla Polonia, il tutto sotto la supervisione del generale Piłsudski, il quale negò il coinvolgimento delle truppe ancora “fedeli” alla Polonia, de iure scagionando Varsavia da ogni responsabilità. Lituania e Polonia non trovarono mai un accordo sulla questione. Oggi la Lituania può vantare nuovamente Vilna come sua capitale, recuperata nel 1990 a seguito della sua seconda indipendenza dall’Unione Sovietica dopo 50 anni di occupazione. La nazione lituana oggi ricopre il suo storico ruolo di ponte tra la Scandinavia, la Mitteleuropa e l’Europa Orientale, trovandosi geopoliticamente tra l’exclave russa di Kaliningrad (l’antica capitale prussiana Königsberg), la Lettonia, la Polonia e la Bielorussia, fedele alleata di Mosca. Dopo l’indipendenza del ’90, la Lituania si schierò rapidamente con l’Occidente, entrando a far parte della Nato e dell’Unione Europa nel 2004. Per i tre Stati baltici lo spettro della Germania sembra al giorno d’oggi lontano, per lo meno militarmente. Due nemici rimangono però in agguato per le tre Repubbliche baltiche, uno storico, ovvero la Federazione Russa che ha nel Baltico uno dei suoi pochi sbocchi su un mare navigabile tutto l’anno e l’altro una nuova incognita per tutti i popoli del mondo: la globalizzazione. - (PRIMAPRESS)