Gli italiani dedicano alla cultura solo una settimana l’anno, investendo il 2% del proprio reddito, in media 359 euro
- di RED-CENTRALE
- in Cultura
(PRIMAPRESS) - ROMA - Secondo un’inchiesta dell’Adoc gli italiani investono mediamente il 2% del proprio reddito annuo, pari a 359 euro, nella cultura, considerando le voci di cinema, musei, teatro, acquisto di libri/ebook e dvd/blu-ray. In termini economici viene dedicata alla cultura solo una settimana l’anno, nonostante i costi siano in linea con la media europea per la quasi totalità delle voci. “La scarsa propensione alle attività culturali degli italiani ha nella bassa capacità reddituale una delle sue cause principali – dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – analizzando il lato economico, l’impatto che ha la spesa per la cultura sul reddito annuo è pari al 2%, contro l’1,4% della media europea, in quanto, a parità di costi, i redditi italiani sono mediamente inferiori a quelli europei. Secondo nostre stime in media in un anno ogni consumatore italiano acquista 11 biglietti del cinema, 2 per teatro e musei, 2 libri, 2 ebook e 6 dvd/blu-ray. Spendendo circa 359 euro, pari come detto al 2% del reddito annuo. Presupponendo una parità di acquisti, in Germania si spende l’8,3% in meno, in Spagna il 13,7% in meno, mentre in Francia (+1,8%), Olanda (+2,9%) e Gran Bretagna (+18,2%) si spende di più. Ma l’impatto sul reddito è diverso: in Germania la spesa porta via l’1,1% del reddito annuo, in Francia, Spagna e Gran Bretagna l’1,4%, in Olanda l’1,6%. I costi per le singole voci invece sono simili, solo la spesa per l’acquisto di libri e dvd/blu-ray è maggiore della media europea. Per i primi in Italia si spende il 4% in più, per i secondi la differenza di spesa sale al 5,3%. Per cinema, teatri e ebook la spesa è identica, per i musei la spesa è addirittura minore del 4%. L’insufficiente capacità reddituale limita di molto la propensione alla cultura, considerando che per le spese di casa (affitto/mutuo e bollette), trasporti (pubblici e/o privati) e alimentari, beni e servizi primari e irrinunciabili, si spende il 72% del reddito disponibile, il 22% in più della media europea. In queste condizioni è molto complicato, se non impossibile, pensare di dedicare maggiori risorse agli svaghi culturali. Come Adoc riteniamo che l’accesso alla cultura sia primario per un Paese come il nostro, l’industria culturale può e deve diventare strategica per il rilancio e il benessere dell’intero sistema economico, ma devono essere realizzati interventi sia sul reddito che sulla qualità dell’offerta. La limitatezza o, in certi casi, l’assenza di servizi accessori nei musei e nelle mostre, costituiscono un ostacolo all’acquisto o alla visita. Abbiamo registrato, in questo senso, una grave carenza di servizi per i bambini, quali nursery e baby parking, che sono praticamente assenti come non sono presenti offerte agevolate per famiglie con bambini piccoli. Al contrario, in Spagna e in Inghilterra sono previsti biglietti ridotti o gratuiti per le famiglie numerose, così come per i bambini di età inferiore ai 5 anni. Inoltre, i disoccupati o in cerca di lavoro e gli studenti spesso entrano gratuitamente all’estero. In un momento di crisi come questo, dove i soldi a disposizione per la cultura scarseggiano, sarebbe opportuno prevedere forme di agevolazione e servizi alle famiglie più ingenti e concreti. Dobbiamo evidenziare, inoltre, la progressiva diminuzione di mezzi e professionalità che si è verificata nel corso degli ultimi anni. In ultimo, va affrontato il discorso infrastrutture: molti siti archeologici e storici sono difficilmente accessibili, soprattutto al Sud; spesso non ci sono collegamenti con i centri urbani o sono risicati. Sono tutti fattori che pesano enormemente sull’accesso alla cultura, a cui deve essere posto rimedio”. - (PRIMAPRESS)