(PRIMAPRESS) -
CDV - E' stata l'Ansa a battere per prima la notizia che ha davvero dello sconvolgente. Papa Benedetto XVI lascerà il pontificato dal 28 Febbraio. Lo ha annunciato personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. ''Un fulmine a ciel sereno''. Con queste parole il decano del collegio cardinalizio, cardinal Angelo Sodano ha commentato la decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato. Il Papa avrebbe spiegato di sentire il peso dell'incarico di pontefice, di aver a lungo meditato su questa decisione e di averla presa per il bene della Chiesa. Il Papa ha anche chiesto che si indichi un conclave per il successore. Come stabilito dal
Codice di Diritto Canonico, Libro II "Il
popolo di Dio", parte seconda "La suprema autorità della Chiesa", capitolo I "Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi" è contemplata la rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice
[11][12][13], fatto che potrebbe dare vita al titolo di Pontefice "emerito" come accaduto a Gregorio XII[senza fonte]:
« Can. 332 - §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti. » |
I casi storici di rinuncia non mancano, soprattutto nei tempi più remoti del Papato:
San Clemente, arrestato ed esiliato per ordine di
Nerva nel lontano
Chersoneso, abdicò dal Sommo Pontificato indicando come suo successore
Evaristo, affinché i fedeli non restassero senza pastore. Verso la prima metà del
III secolo,
Ponziano lo imitò poco prima di essere spedito in esilio in
Sardegna; al suo posto venne eletto
Antero.
Silverio, deposto da
Belisario, in punto di morte rinunciò in favore di
Vigilio, fino ad allora considerato un usurpatore. Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di
Martino[14]. Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di
Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di
Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a
Gregorio VI, il quale, accusato di
simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe.
Il più celebre caso di rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice fu quello di
Celestino V, detto anche
"il Papa del gran rifiuto", che portò all'elezione di
Bonifacio VIII; poiché quest'ultimo fu un pontefice non affine a
Dante Alighieri, egli nella sua
Divina Commedia pone, probabilmente,
Celestino V nell'Antinferno tra gli
ignavi: non è però certo chi il
Sommo Poeta volesse indicare nel seguente passo, potrebbe trattarsi infatti, secondo alcuni critici di
Ponzio Pilato,
Esaù o
Giano della Bella:
« Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. »
|
(Dante Alighieri, Inferno III, 58-60) |
Celestino, prima di abdicare, si consultò con il cardinale
Benedetto Caetani, e si fece confermare dal
concistoro dei cardinali che un'abdicazione dal soglio pontificio era possibile, quindi, in data
10 dicembre 1294, emanò una costituzione sull'abdicazione del papa, confermò la validità delle disposizioni in materia di
Conclave anche in caso di rinuncia, ed appena tre giorni dopo rese note le sue intenzioni ed abdicò
[15].
Nel
1415 un altro Papa,
Gregorio XII, eletto all'epoca dello
Scisma d'Occidente a
Roma, dopo molti anni di lotte e di contese giuridiche, belliche e diplomatiche, fece atto di sottomissione ai decreti emessi dai padri conciliari, durante il
Concilio di Costanza, che era stato convocato dall'
antipapa Giovanni XXIII (XXII) e presieduto dall'
Imperatore Sigismondo per dirimere ogni questione. Uno di questi decreti intimava a tutti i contendenti di abdicare, nel caso che non si trovasse una soluzione e non si raggiungesse l'accordo fra i tre pretendenti al Soglio. Davanti al rifiuto di
Benedetto XIII (rappresentante dell'obbedienza avignonese) e alla fuga di Giovanni XXIII (poi ricondotto in Concilio e deposto), alla fine Gregorio XII acconsentì ad abdicare, dopo aver riconvocato con una sua bolla il medesimo Concilio. All'abdicazione però non seguì l'elezione di un nuovo Papa, che si verificò passati due anni e solo successivamente alla scomparsa di Gregorio, dopo la quale venne convocata un'assemblea mista di cardinali e di padri conciliari, che elesse
Martino V[16][17]. La rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice spesso viene considerata un caso di dimissioni, ma, più correttamente, si dovrebbe parlare di abdicazione, così come è riportato nelle fonti storiche e storiografiche. In senso stretto, l'abdicazione è l'abbandono con l'indicazione di un successore; le dimissioni sono la semplice rinuncia.
- (PRIMAPRESS)