Criptovalute, una realtà con cui l’Unione Europea deve fare i conti
- di RED-CENTRALE
- in Economia
(PRIMAPRESS) - ROMA – Le criptovalute sono diventate una realtà con cui gli Stati devono fare i conti. Si potrebbe parlare di due fasi storiche che hanno caratterizzato la nascita dei bitcoin e dei suoi fratelli. Il primo periodo si può datare negli anni che vanno dalla nascita del Bitcoin alla fine del 2017. Questa fase è stata caratterizzata dall’entusiasmo degli investitori e dal dubbio e dallo scetticismo dei critici. Finanziariamente parlando si è trattato di una fase di attesa che ha visto contrapposti da una parte chi ha puntato fiducioso sulla crescita di questo nuovo fenomeno, dall’altra, gli esperti che attendevano pazientemente l’implosione di un sistema giudicato inaccettabile. La seconda fase si può dire che sia cominciata quest’anno. A segnarla vi sono due fattori: da una parte una maggior stabilità delle valute, dall’altra la presa di coscienza da parte degli Stati nazionali di quella che potremmo definire una «nuova convivenza finanziaria».
Proprio di quest’ultima ci occuperemo in questo articolo. Come insegna Sheldon Cooper, infatti, ogni genere di rapporto ha bisogno della stipula di un contratto che sancisca obblighi e divieti tra i due contraenti. Cosa succede, però, se una delle due parti è «allergica» alla legge come avviene per i bitcoin e i suoi fratelli?
“Nel nostro Paese, la questione inerente alle criptovalute è regolata dalla risoluzione 72 pubblicata nel settembre 2016. Non si tratta però di alcuna forma di regolamentazione. La risoluzione, infatti, non ha valore giuridico. Essa assimila i bitcoin e le criptovalute alle valute estere”, si legge sul sito Cripto Mag.
Il problema principale delle criptovalute sta nella mancanza di un piano legislativo che ne regoli esistenza ed effetti. Ciò rende complicato la convivenza con i sistemi economici tradizionali. Vi è poi un altro fattore che finisce per destabilizzare le sue transazioni ed è la natura volontaristica degli scambi. I bitcoin e le criptovalute in generale, infatti, hanno valore solo se due parti decidono di dargliene. Detto in altri termini: se una persona ha per le mani una moneta corrente (si tratti di dollari, euro, yen, ecc.) esercita un potere economico, perché quei soldi sono universalmente riconosciuti come validi. Chi, però, si ritrova a comprare qualcosa attraverso le criptovalute può farlo solo se il suo interlocutore, riconosce la criptovaluta come un mezzo finanziario e accetta di scambiarlo. Diversamente, l’acquirente non può esercitare alcun tipo di potere d’acquisto.
La mancanza di leggi settoriali sulle criptovalute, si traduce anche in mancate tassazioni. L’apertura di un wallet non richiede la sottoscrizione di contratti bancari né l’espletamento di procedure di adeguata verifica della clientela. Questo perché le criptovalute non sono sottoposte agli obblighi di legge applicabili alle istituzioni finanziarie. Esiste, infine, anche un problema giurisdizionale: se si usano wallet le cui piattaforme sono allocate all’estero come bisogna comportarsi? Il campo delle criptovalute, dunque, sembra un enorme labirinto da dove è impossibile uscire.
Ad oggi nessuno si è preso la responsabilità di portare avanti un dialogo costruttivo che permetta la convivenza tra il nuovo e il vecchio sistema finanziario. La stessa Unione Europea si è giudicata incapace di stilare una legge sovranazionale sulle criptovalute che orienti gli stati. Per questo motivo, l’unica cosa che si può fare, al momento, è affidarsi a varie iniziative nazionali sull’esempio americano. Qui il Governo Federale ha dato mandato ai singoli stati di affrontare la questione in materia autonoma a causa di una lacuna legislativa federale.
In Europa, paesi come l’Italia, la Svizzera e l’Olanda hanno affrontato la questione cercando di stabilire dei punti cardine in base alla definizione del contendere (ovvero stabilendo la natura delle criptovalute) e ad una reinterpretazione delle proprie leggi che cercasse di far luce sulla questione. È proprio sulla natura delle criptovalute che si gioca tutto. Fino a quando non sarà stabilito in maniera univoca come considerarle (valuta finanziaria o semplice asset? Questo è il dilemma!) si rende impossibile una legislazione ad hoc. Del resto, i bitcoin e i suoi fratelli, sin dalla loro nascita, hanno puntato sui concetti di decentralizzazione e deregolamentazione. Insomma: fin quando non si stabilirà con cosa effettivamente si ha a che fare e qual è il ruolo che si intende dare a livello finanziario alle criptomonete, il «ballo delle incertezze» continuerà a discapito di tutti, investitori e stati. - (PRIMAPRESS)