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Conto alla rovescia a Taormina per "Ciatu", spettacolo della Nèon con attori disabili

(PRIMAPRESS) - Conto alla rovescia per “Ciatu” lo spettacolo per la regia di Monica Felloni, prodotto e organizzato dall’associazione Nèon, che andrà in scena in Prima nazionale venerdì 21 agosto, alle 21.30, al Teatro Antico di Taormina

“Ciatu” (Respiro) è inserito nel cartellone del Festival Taormina Arte ed è realizzato grazie a diversi attori in scena, molti dei quali disabili, che tornano al Teatro Antico dopo il grande successo che la Nèon, con la direzione artistica di Piero Ristagno, ha riscosso nel 2014 con lo spettacolo Magnificat. 

E in vista di venerdì 21 agosto è partita anche la prevendita dei biglietti. Questi i prezzi: parterre e tribunetta, 20 euro + diritti di prevendita; gradinata,15 euro + diritti di prevendita. I biglietti possono essere acquistati presso BoxOffice: www.ctbox.it, tel. 095 7225340, ma anche in via Giacomo Leopardi 95 a Catania e in tutti i punti vendita presenti sul sito di BoxOffice. Ed è anche possibile acquistarli via Internet, all’indirizzo: http://www.ctbox.it/C24/1320/Content.aspx/Eventi/Teatro/Ciatu_21_08_2015#.VXakn8_tmkp

Nucleo narrativo di Ciatu sono la vita e il pensiero di Giordano Bruno. Lo spettacolo attraversa, una visione dietro l’altra, un quadro dietro l’altro, la complessità umana e filosofica del Nolano.

La regia di Monica Felloni fa propria questa complessità, sviluppa e si riconosce nei capisaldi del pensiero di Bruno. In scena è la vita umana, dalla nascita all’estrema vecchiaia, unificata nell’elemento che rappresenta la Vita per antonomasia: l’acqua. Ed è tra questi estremi temporali che si intrecciano le relazioni umane, più o meno liete, che si sdipana il “gioco bruniano” dell’essere insieme e umani. Corpo e anima sono una radice profonda in Giordano Bruno, un pensiero che unifica, che non divide, che non accetta neanche la divisione. È un pensiero che guarda la totalità. Corpo e anima non sono due cose, sono la persona. Tutti gli attori in scena e le persone coinvolte nello spettacolo, che spaziano dall’età di sei mesi ai 106 anni, sono simboli di umanità, differenti nella forma e nell’azione. Ogni differenza tra le persone rappresenta la totalità della vita, o meglio, in ogni differenza tra persone è presente la totalità della vita stessa. Lo spettacolo Ciatu è il respiro degli uomini che vive e sopravvive, dal liquido amniotico in poi, sino a dopo la fine.

Ciatu non ha confini di lingua, è un intreccio di relazioni, è una esperienza che avvolge il pubblico e gli artisti, è uno scambio di emozioni attraverso l’uso dei diversi linguaggi dello spettacolo dal vivo. In Ciatu si allestisce una scena-mondo affidata alla peculiare diversità di ogni attore coinvolto. La differenza diviene la tela sulla quale arte e natura si  iscrivono per generare la bellezza di ogni forma dell’essere vita. In Ciatu tutto è normale e speciale al tempo stesso: gli attori, il pubblico e il Teatro sono un tutt’uno, un unico corpo che inspira la vita, occhi negli occhi, fiato nel fiato e l’azione del palco si riverbera sulla platea, senza distanze o interruzioni, formando un reticolo di respiri vivi.

Ciascun attore, infatti, grazie alla maestria di Monica Felloni, diviene così protagonista e la disabilità momento non di handicap, ma di valorizzazione di ogni singola persona. In altre parole, vengono esaltate le diversità di ciascuno, grazie alla libertà espressiva data da una regia che dipinge con tratto preciso ogni scena. Si genera così un unico respiro creativo, che vibra in un’essenzialità che riduce ad un medesimo slancio poetico i diversi linguaggi che nascono sulla scena.

 Monica Felloni

Il Teatro serve a mostrare, a far vedere cosa sogna una persona. È la visibilità di ciò che fino a quel momento è invisibile. La visione di Monica Felloni del tema Giordano Bruno sarà presenza concreta.  Ciò che accade è che questa visibilità rappresenta la tessitura delle relazioni tra le persone … per tirare insieme un ciatu di speranza.

Monica Felloni, nata a Ferrara, regista e attrice di Teatro, intraprende la propria formazione artistica attraverso l’incontro con importanti registi e gruppi internazionali quali Sherad Zade, Le Théatre du Soleil, il Teatro di Grotowski. Significativo il suo soggiorno in India per lo studio della danza Bharatanatyam. Rientrata in Italia, partecipa, in qualità di attrice, alla produzione internazionale di Thierry Salmon “Le Troiane” per le Orestiadi di Gibellina. un’esperienza che la fa innamorare della Sicilia, dove decide di fermarsi e dove fonda con Piero Ristagno, nel 1989, l’Associazione culturale Nèon. Il suo modo di fare regia è singolare; mette in azione una libertà espressiva attoriale che produce interpretazioni personali originali che si intrecciano come l’ordito e la trama di un tappeto prezioso. Monica Felloni “dipinge con tratto preciso, riduce l’azione scenica fino alla forma perfetta, ispira, incanta, per comunicare la propria visione della vita che si alimenta e si combina con quella degli interpreti come un unico respiro creativo”.

 L’Associazione Nèon

L’associazione culturale Nèon, attraverso i linguaggi del teatro e della scrittura, da sempre lavora per diffondere una cultura basata sul valore esistenziale dell'essere umano. L’esperienza di NEON include ogni giorno voci, gesti, corpi, movimenti,pensieri nuovi e testimonia la possibilità, per ciascun individuo, di realizzare il proprio progetto di vita al di là delle condizioni di fragilità o di disagio nelle quali si trova.

Il pensiero comune è la curiosità e la libertà del pensiero dell’altro. La visione di NEON consiste nell’apertura del Teatro ad ogni tipo di diversità, sia essa fisica, psichica, culturale, etnica, sociale, sessuale, economica. La diversità della denominazione va intesa come varietà. Ogni persona - nel suo essere portatrice della propria differenza – viene messa al centro dell’esperienza artistica.

L’essenza è la diversità di ogni essere umano. Il discernimento delle differenze secondo codici quali provenienza, estrazione sociale, culturale o handicap non lascia emergere la peculiare distinzione di ogni singolo essere umano dall’altro. Le categorie e le nomenclature delle diversità (in testa il concetto di diversamente abile) tendono invece a costituire una gerarchia di dissomiglianze che si sovrappone alla moltitudine delle persone, ognuno singolare. La questione dell’handicap scompare e si dischiude la singolarità di ognuno, la sua parzialità perfetta. Non vi è la ricerca del giusto e dello sbagliato semmai vi è la valorizzazione e l’apprezzamento della differenza qualificante e dell’esistere/singolarità di ogni persona. L’obiettivo, dunque, non è normalizzare la diversità bensì vivere la straordinarietà di ognuno. - (PRIMAPRESS)