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Tuoro (Roccabascerana): c'era una volta il curato di campagna

  • di Alessandro Covino
  • in Campania
Tuoro (Roccabascerana): c'era una volta il curato di campagna
(PRIMAPRESS) - Tuoro di Roccabascerana, Avellino - Non voglio parlare del santo curato d'Ars, ma  i più attempati come me, ricorderanno quella bella figura che sostava nelle piazze dei nostri paesi, vestito della sua talare nera, il colletto bianco, spesso con il capo ricoperto dal saturno - copricapo tondeggiante, a forma dell'omonimo pianeta o dal  tre pizzi, per intenderci quel copricapo indossato dal mitico don Camillo  (apro e chiudo parentesi       quello che dovrebbe indossare il nostro  arciprete don Stefano). Curato, dal latino curo, curas curavi, ovvero prendersi cura di qualcuno o qualcosa, nell'accezione  comune, il sacerdote che dovrebbe prendersi cura delle anime dei suoi fedeli. I tempi sono cambiati, una volta il sacerdote, soprattutto nei piccoli centri, viveva nella canonica, conosceva il paese, i suoi usi, i suoi costumi, le necessità del popolo. Era il pastore che curava le anime dei suoi parrocchiani e non solo di quelle. Spesso era colui che grazie alla confessione era a conoscenza dei segreti e delle speranze della popolazione. Questa sua presenza tra la gente gli consentiva di avere carisma ed autorevolezza tali, da poter indirizzare le sorti della politica locale. Ancora cinquant'anni fa i personaggi che contavano di più nei paesi erano il sindaco, il farmacista, il maresciallo ed il parroco. Addirittura nelle scuole dell'Arma, relativamente all'attività informativa si raccomandava agli allievi di chiedere informazioni e fidarsi sempre e solamente del parroco, l'unico depositario delle cose più riservate dei paesi. Il curato spesso era anche l'unico insegnante di religione nelle scuole del posto. Storici sono rimasti gli interventi di don Gaetano Gaudino nei consigli di classe per aiutare alunni indietro negli studi perchè impegnati nei campi in aiuto alle famiglie. Quanti giovani hanno potuto fare la prima comunione e la cresima con abiti che il parroco si faceva donare dalle famiglie di coloro che avevano già ricevuto il sacramento. Dalle nostre parti non abbiamo mai vissuto le epiche lotte tra don Camillo e Peppone, perché a differenza della bassa padana dove esisteva una grossa contrapposizione politica tra chiesa e gli enti locali, dalle nostre parti la Democrazia Cristiana l'ha sempre fatta da padrona e quindi, sotto questo aspetto, regnava la pace. Localmente i miei sbiaditi ricordi risalgono a Don Mario Scappin, parroco di Terranova che aveva particolare predilezione per la cucina ed i vini nostrani. Quotidianamente era a Tuoro, dove oltre ad esercitare l'azione pastorale provvedeva ad educare ed istruire tanti ragazzi che costretti al lavoro nei campi avevano abbandonato la scuola. Spesso, a sera, dopo la cena e la partita a scopa, doveva essere accompagnato nella canonica perchè in preda ai fumi dell'alcol. Superfluo ricordare che all'epoca non esisteva la Caritas diocesana e tutto quello che il sacerdote riusciva a fare era il frutto del suo impegno e buona volontà. Dalle nostre parti, quello che possiamo definire ultimo vero curato di Roccabascerana è stato don Gaetano Gaudino, Caivanese dal carattere particolare, a volte burbero, ma dal cuore d'oro. Insigne latinista, al cui nome ancora oggi nei palazzi della Curia di Benevento si levano commenti di ammirazione, grande amico e conterraneo del compianto don Andrea Mugione. Bisogna riconoscere che avere a che fare con alcuni soggetti della nostra comunità è difficile, perché spesso l'ignoranza e l'arroganza la fanno da padrone. Don Gaetano non si è mai perso d'animo e per certi versi incarnava il mitico don Camillo,quando di fronte alla maleducazione soleva dire :"cacciat for a sta munnezz", oppure definiva munnezz coloro che sordi a tutte le regole pretendevano di fare e disfare delle cose di chiesa a loro piacimento. Eppure lo ricordo sempre presente nelle occasioni che contano nella vita di chiesa. Sono stato più volte testimone di un atto di generosità che don Gaetano esercitava  verso persone che avevano ordinato una messa in suffragio dei propri defunti. Al termine della funzione, nel ricevere l'offerta, la restituiva garbatamente alla persona dicendo testualmente: "accatt a carn pe criatur". Negli ultimi anni, nonostante tutti i malanni che lo affliggevano non ha mai fatto mancare la sua presenza in parrocchia ed a Tuoro. A parte il servizio domenicale, sia a Pasqua che a Natale faceva tutte le funzioni, messa della vigilia alle 21,30 a Tuoro ed alle 23 a Rocca, Giovedì santo, lavanda dei piedi a Tuoro e a Rocca, veglia di Pasqua a Tuoro ore 21 ed a seguire a Rocca. Negli ultimi anni della sua vita sacerdotale, pur non seguendo più le processioni a piedi, quando possibile le seguiva in auto oppure aspettava il corteo dinnanzi alla chiesa. Grande esempio di sacrificio e dedizione alla cura delle anime dei suoi parrocchiani. E' proprio vero che per apprezzare quello che si perde bisogna provare cio' che accade successivamente. Oggi quasi tutte le parrocchie sono diventate uffici dove esiste un orario di ricevimento, un costo per le certificazioni, tariffe per le funzioni, in estrema sintesi la figura del parroco, che spesso non occupa più la canonica è stata di fatto equiparata a quella di un normale impiegato dedicato alla cura del culto. Per finire, pare che a Roccabascerana, con l'avvento del nuovo amministratore parrocchiale, si stiano vivendo tempi e momenti che pensavamo definitivamente tramontati. Ci siamo prudenzialmente fermati per il Covid, ma ci auguriamo che pur senza il Saturno con le palline o il tre pizzi, don Stefano possa far rivivere tempi favorevoli alla comunità. A proposito, eccellenza Accrocca, visto i buoni risultati e l'apprezzamento del popolo, quando si decide a nominarlo Parroco? - (PRIMAPRESS)