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STRAGE CAPACI: DOPO 20 ANNI L'ITALIA NON HA DIMENTICATO

(PRIMAPRESS) - capaci PALERMO - Sono trascorsi due decenni. Vent'anni fa, il 23 maggio 1992, alle 16.58, l'esplosione innescata da oltre mezza tonnellata di tritolo piazzata sotto l'autostrada Palermo-Mazzara del Vallo, all'altezza del piccolo comune di Capaci, provocò un tuono il cui eco continua ancora oggi ad attraversare le memorie di un Paese che da quel giorno non è più lo stesso. Quella voragine di trenta metri, infatti, non uccise soltanto il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta, Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, ma aprì soprattutto uno squarcio nelle coscienze ferite degli italiani, che in quel pomeriggio di primavera impararono a familiarizzare con la spietata strategia del terrore, che sarebbe durata oltre un anno, adottata dalla mafia per colpire al cuore le istituzioni con l'obiettivo di minarne la sovranità. Sebbene l'iter giudiziario sia stato lungo e complesso, ancora oggi le indagini non hanno portato a chiarire del tutto chi vi sia dietro quell'attentato. O quantomeno a rivelare se la sua matrice fu esclusivamente di origine mafiosa. Tra slanci e depistaggi, gli inquirenti ancora adesso indagano per accertare le responsabilità, avvalendosi tra l'altro della collaborazione di un pentito del calibro di Gaspare Spatuzza, uomo chiave di tante altre inchieste di mafia. E proprio le confessioni di Spatuzza hanno spinto recentemente il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, ad affermare come non sono da escludere a breve delle possibili novità su Capaci. Ciò che è certo, è che l'esecutore materiale della strage di Capaci fu un commando composto da almeno 5 persone, tra le quali vi era il boss Giovanni Brusca: l'uomo che materialmente schiacciò il pulsante che fece detonare la bomba. Per la strage, nel 2002 sono stati riconosciuti colpevoli 24 imputati, mentre dopo un precedente annullamento della Cassazione e un nuovo processo nel 2008, la prima sezione penale della Cassazione ha condannato 12 persone in quanto ritenute, tra l'altro, tra i mandanti anche dell'altra strage, quella che il 19 luglio del '92, uccise in via D'Amelio il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone. A muovere i propositi stragisti dell'allora capo di Cosa nostra, Totò Riina, fu il lavoro svolto da Giovanni Falcone e dal pool antimafia culminato, nel gennaio del '92, con la conferma in Cassazione delle condanne stabilite dal primo grande maxi-processo alla mafia. Una sconfitta inaccettabile per Totò Riina che decise di saldare col sangue il conto aperto con lo Stato. Nessuno ha dimenticato quanto accadde 20 anni fa, neanche l''Fbi che oggi dedica sul suo sito ufficiale un tributo al Giudice Falcone, definendolo ''un coraggioso avversario della Mafia e uno dei primi sostenitori della cooperazione internazionale nella lotta al crimine organizzato''. L'Fbi ricorda che ''il 23 maggio i992, un uomo della mafia fece esplodere una bomba sulla strada uccidendo Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della sua scorta, mentre si trovavano vicino a Palermo. - (PRIMAPRESS)