REFERENDUM NUCLEARE UN ANNO DOPO: GREENPEACE ANCORA IN LOTTA PER FUTURO ENERGETICO PULITO
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(PRIMAPRESS) - ROMA - Esattamente un anno fa, con la chiusura delle procedure di voto per i referendum abrogativi (sull’acqua, sul nucleare, sul legittimo impedimento), dalle urne usciva un risultato tanto chiaro quanto inatteso per la forza con cui veniva espresso: porte sbarrate al ritorno dell’atomo in Italia. Il nostro Paese rimaneva ancora una volta terra preclusa alle centrali nucleari, al rischio radioattivo, al modo più pericoloso di produrre elettricità . «La vittoria al referendum sul nucleare rappresenta un incredibile successo della società civile, maturato in un clima di black out mediatico senza precedenti e in controtendenza con tutti gli indici di partecipazione politica registrati fino ad allora - commenta oggi Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia. - Quel voto ha segnato un momento di straordinaria partecipazione democratica: gli italiani non hanno accettato il ruolo di spettatori delle decisioni che riguardano il loro futuro». La risposta di Enel alla volontà espressa dagli Italiani è stata paradossale: “andremo a carbone†dichiarò l’AD Fulvio Conti all’indomani del voto. «L’energia che ti ascolta non ha ascoltato un bel niente. Si sono battuti per riportare il nucleare in Italia e sono stati fermati da chi chiedeva energia pulita e rinnovabile. Così, senza poter investire sull’atomo, ai cittadini hanno promesso un futuro a carbone: questo il loro progetto paleolitico» continua Onufrio. Dalle parole ai fatti: la promessa si è tradotta nell’aumento della produzione a carbone dal 34% al 41% con la messa a regime della centrale di Civitavecchia. Enel possiede 8 delle 13 centrali a carbone presenti oggi in Italia e vuole costruirne altre due a Porto Tolle e Rossano Calabro. Greenpeace, ricordando l’enorme successo di un anno fa, ritiene che la battaglia per un futuro energetico sicuro e pulito non sia affatto conclusa. Nel solo 2011 sono stati installati in Italia circa 10 mila megawatt tra fotovoltaico ed eolico, per una produzione energetica pari a quella di due centrali nucleari. «È in atto un conflitto nel settore della produzione elettrica, tra eccesso di capacità da fonti fossili e sviluppo delle rinnovabili, che rappresentano il futuro. Il maggiore azionista di Enel è il Ministero del Tesoro: a che serve una quota di controllo pubblico del trenta per cento se l’azienda, invece di guidare la trasformazione verso un futuro basato sulle rinnovabili, punta su fonti inquinanti e nemiche del clima?» conclude Onufrio. - (PRIMAPRESS)