Il Cubo Di Rubik Monocromo in radio da oggi il nuovo singolo “Dichiarazione Di Dipendenza”
- di
- in Musica & Spettacoli
(PRIMAPRESS) - ROMA - È in Radio da oggi venerdì 10 maggio “Dichiarazione Di Dipendenza” (LaPOP) il nuovo singolo del gruppo indie milanese Il Cubo Di Rubik Monocromo, estratto dall’album “Picnic al Mare”. Di seguito l'intervista: “Dichiarazione di dipendenza” è il vostro nuovo singolo. Da dove nasce?
«“Dichiarazione di dipendenza” racconta il bisogno assoluto che abbiamo l'uno dell'altra, ma anche la difficoltà che a volte diventa impossibilità di unirci veramente. Gli innamorati sono come due corpi celesti. Attratti da quell'oscura forza che è la gravità, passano l'infinità del tempo a ruotarsi attorno in un'eterna danza. Se solo provassero ad avvicinarsi più di quanto il "galateo universale" permetta, avverrebbe una catastrofe. Eppure l'universo intero è formato da innumerevoli pianeti che ballano tra loro e che, vagando nello spazio, seguono il loro destino. Ogni tanto, qualche sparuta coppia decide insolente di non seguire le regole e di avvicinarsi più del dovuto, Questo atto d'amore non può che avere conseguenze nefaste, ma quanta luce ed energia si sprigiona in questa loro dichiarazione di dipendenza. Ci piace pensare che lo stesso accada anche tra coloro che hanno il coraggio di amarsi veramente. Energia cosmica che si genera perfino in un unico e sincero bacio e in una piccola parola d'amore. Nonostante le leggi dell'universo comandino di non avvicinarsi troppo».
Il brano è estatto dall’album “Picnic al Mare”. C'è un filo conduttore che lega i brani in esso contenuti?
«“Picnic al Mare” è quello che un tempo veniva chiamato concept album, Ma più che altro è semplicemente una storia. Avevamo delle cose da raccontare, delle idee sul mondo da sviscerare e questo è stato il nostro modo - un po’ demodè - per farlo. Il disco racconta di un amore e di una dittatura che nascono nello stesso momento. Abbiamo sviluppato le due storie in modo parallelo alternando una canzone che parla di questo amore a una che racconta la situazione avversa nella quale i due innamorati sono costretti a vivere. Il sostrato orwelliano sul quale abbiamo costruito il concept parte dalla certezza che, ancora oggi, il piú grande atto rivoluzionario che possiamo compiere è quello di innamorarci. Quindi abbiamo iniziato a pensare: "se l'amore è un atto rivoluzionario, allora sarà proprio quest'ultimo che il potere dovrà colpire per legittimare la sua esistenza”. Ma in questo scenario, chi vincerà? Non è una domanda retorica, e ancora oggi non sappiamo dare una risposta».
Cosa cercate di rappresentare nel videoclip diretto da Francesco Collinelli e interpretato da Cecilia Elda Campani e Alberto Baraghini? C'è qualcosa che ci vorreste svelare legato alle riprese?
«Il video cerca di rappresentare l'amore che si scontra con le regole della società e del mondo, che troppo spesso ci portano a non avere il coraggio di accettare e dichiarare la nostra dipendenza nei confronti di chi amiamo. L’intero video è composto da due lunghi pianosequenza in slow motion, i quali, rallentando a dismisura l’immagine e il movimento, rappresentano l’atavica diffidenza dell’essere umano a farsi travolgere e trasportare dalle proprie emozioni. Ci piaceva l’idea di presentare un brano lento ma dal respiro strozzato, come l’ultima poesia di un innamorato prima dell’addio».
Ve l’avranno chiesto in tanti ma vi va di raccontare anche a noi perché avete scelto un nome così curioso per la vostra band?
«Era il verso di una canzone che avevamo iniziato a scrivere e che poi, per evidenti problemi di metrica, abbiamo abbandonato. Ma ci piaceva l'idea di trasformare il più famoso rompicapo del mondo in qualcosa di insensato. Con le facce dello stesso colore il cubo di Rubik non sarebbe altro che un banalissimo antistress da tenere in mano e fare girare tra le dita senza un reale motivo. Uno di quegli oggetti apparentemente inutili ma dei quali ad un certo punto diventa impossibile separarsi. È un po' anche la nostra visione della musica e dell'arte in generale». - (PRIMAPRESS)
«“Dichiarazione di dipendenza” racconta il bisogno assoluto che abbiamo l'uno dell'altra, ma anche la difficoltà che a volte diventa impossibilità di unirci veramente. Gli innamorati sono come due corpi celesti. Attratti da quell'oscura forza che è la gravità, passano l'infinità del tempo a ruotarsi attorno in un'eterna danza. Se solo provassero ad avvicinarsi più di quanto il "galateo universale" permetta, avverrebbe una catastrofe. Eppure l'universo intero è formato da innumerevoli pianeti che ballano tra loro e che, vagando nello spazio, seguono il loro destino. Ogni tanto, qualche sparuta coppia decide insolente di non seguire le regole e di avvicinarsi più del dovuto, Questo atto d'amore non può che avere conseguenze nefaste, ma quanta luce ed energia si sprigiona in questa loro dichiarazione di dipendenza. Ci piace pensare che lo stesso accada anche tra coloro che hanno il coraggio di amarsi veramente. Energia cosmica che si genera perfino in un unico e sincero bacio e in una piccola parola d'amore. Nonostante le leggi dell'universo comandino di non avvicinarsi troppo».
Il brano è estatto dall’album “Picnic al Mare”. C'è un filo conduttore che lega i brani in esso contenuti?
«“Picnic al Mare” è quello che un tempo veniva chiamato concept album, Ma più che altro è semplicemente una storia. Avevamo delle cose da raccontare, delle idee sul mondo da sviscerare e questo è stato il nostro modo - un po’ demodè - per farlo. Il disco racconta di un amore e di una dittatura che nascono nello stesso momento. Abbiamo sviluppato le due storie in modo parallelo alternando una canzone che parla di questo amore a una che racconta la situazione avversa nella quale i due innamorati sono costretti a vivere. Il sostrato orwelliano sul quale abbiamo costruito il concept parte dalla certezza che, ancora oggi, il piú grande atto rivoluzionario che possiamo compiere è quello di innamorarci. Quindi abbiamo iniziato a pensare: "se l'amore è un atto rivoluzionario, allora sarà proprio quest'ultimo che il potere dovrà colpire per legittimare la sua esistenza”. Ma in questo scenario, chi vincerà? Non è una domanda retorica, e ancora oggi non sappiamo dare una risposta».
Cosa cercate di rappresentare nel videoclip diretto da Francesco Collinelli e interpretato da Cecilia Elda Campani e Alberto Baraghini? C'è qualcosa che ci vorreste svelare legato alle riprese?
«Il video cerca di rappresentare l'amore che si scontra con le regole della società e del mondo, che troppo spesso ci portano a non avere il coraggio di accettare e dichiarare la nostra dipendenza nei confronti di chi amiamo. L’intero video è composto da due lunghi pianosequenza in slow motion, i quali, rallentando a dismisura l’immagine e il movimento, rappresentano l’atavica diffidenza dell’essere umano a farsi travolgere e trasportare dalle proprie emozioni. Ci piaceva l’idea di presentare un brano lento ma dal respiro strozzato, come l’ultima poesia di un innamorato prima dell’addio».
Ve l’avranno chiesto in tanti ma vi va di raccontare anche a noi perché avete scelto un nome così curioso per la vostra band?
«Era il verso di una canzone che avevamo iniziato a scrivere e che poi, per evidenti problemi di metrica, abbiamo abbandonato. Ma ci piaceva l'idea di trasformare il più famoso rompicapo del mondo in qualcosa di insensato. Con le facce dello stesso colore il cubo di Rubik non sarebbe altro che un banalissimo antistress da tenere in mano e fare girare tra le dita senza un reale motivo. Uno di quegli oggetti apparentemente inutili ma dei quali ad un certo punto diventa impossibile separarsi. È un po' anche la nostra visione della musica e dell'arte in generale». - (PRIMAPRESS)