Roccabascerana: senso di appartenenza ad un territorio ed alle sue tradizioni
- di Alessandro Covino
- in Campania
(PRIMAPRESS) - ROCCABASCERANA, Avellino - Pare che nelle giovani generazioni stia svanendo il senso di appartenenza e di conseguenza il rispetto ed il perpetuarsi delle antiche tradizioni. Ricordo che a Napoli, agli inizi degli anni 60, nell'anagrafe di piazza Dante, mio padre dovendo rinnovare la carta d'identità si ostinava a riferire all'impiegato di essere nato a Tuoro di Roccabascerana e non solo Roccabascerana. Il solerte impiegato,dopo ampia discussione, dovette piegarsi alla volontà di mio padre, inserendo sulla carta di identità, Tuoro di Roccabascerana. In quegli anni a Napoli vi era una moltitudine di persone, per lo più portieri, provenienti da Roccabascerana e comuni limitrofi, i quali spesso si incontravano, solidarizzando tra di loro, vantando la loro appartenenza alla Valle Caudina, ma anteponendo sempre la frazione di provenienza al comune. Ricordo un vecchio cantiniere di Napoli, con bottega in vico San Nicola alla Carità a nome don Antonio Rossi, il quale soleva dire di essere di Cassano caudino. Tutti i paesani abitanti nelle vicinanze andavano a comprare il vino là, convinti di avere il prodotto delle colline cassanesi. I nostri, appena potevano si portavano in via Torino alla ferrovia, dove a quei tempi sostavano i vari Attilio, Ginesio e Marietto, i quali per una modica somma, stipando le loro macchine all'inverosimile, trasportavano le persone presso i propri paesi di origine. E' storia vera l'avere trasportato 13 persone ed un animale da Napoli in Valle. Gli agenti della stradale che avevano fermato la vettura per un controllo, invece che elevare il verbale di contravvenzione, si complimentarono con l'autista per come aveva saputo sistemare le persone e l'animale. La domenica sera, al ritorno in città, si ripeteva il viaggio all'incontrario, questa volta, a seconda del periodo dell'anno nelle auto di avvertiva l'odore del vino o della pizza chiena, spesso si rompevano le uova che erano state incartate singolarmente. Oggi tutto questo sembra irreale, a quei tempi invece era poesia, tutti rientravano nei paesi di origine per abbracciare i loro cari, portare loro baccalà, pesce fresco e limoni e riportare a casa vino,olio e prodotti locali. A parte le feste locali, la festa per eccellenza era quella in onore dei SS Cosma e Damiano che si teneva a Terranova. Molti pur di partecipare a quella festa, a degustare l'agnello di Felice, a comperare noccioline, castagne e torrone si indebitavano. Al termine,ognuno, al ritorno in città mostrava con orgoglio i torroni nostrani, palesando il senso di appartenenza ai luoghi ed alle tradizioni locali. Ricordo di un mio zio che alla vigilia di capodanno era solito recarsi a San Giovanni dal fuochista locale, dal quale era solito acquistare grandi quantitativi di botti che a sera riportava a Napoli per la gioia dei ricchi committenti. Tra l'altro come non ricordare la centenaria disputa tra i fuochisti di Pannarano, Beltiglio e San Giovanni, anche qua, Cina docet, tutto finito....l'artigianato locale distrutto da prodotti a buon prezzo, sicuramente meno pericolosi ma vuoi mettere le bombe a cinque spaccate di panariello? Abbiamo passato nottate intere per vedere i fuochi al termine delle feste e valutare vivacemente quale fuochista avesse sparato meglio. Progressivamente con la diffusione delle autovetture,della televisione, dei mass media e da ultimo dei social è progressivamente scemato il senso di appartenenza e conseguentemente il rispetto delle tradizioni. Oggi si seguono le tendenze dettate dalla pubblicità, si ignorano prodotti, usi e costumi locali, in ragione di ciò che ci suggerisce la pubblicità. La conseguenza è che molte persone hanno portato il cervello all'ammasso credendo che seguire le mode sia più trend che perpetuare gli usi e costumi locali pur nel rispetto del progresso. Altra grave causa che ha contribuito a limitare il senso di appartenenza ed al mancato rispetto delle tradizioni è senz'alcun dubbio l'assenza della chiesa dal territorio. Certa chiesa ha le sue colpe per avere spesso ridotto le parrocchie a meri uffici parrocchiali, nelle quali non si svolge alcuna attività aggregativa. Spesso i parroci non abitano più nelle case parrocchiali e come altri uomini di altre Istituzioni, non abitando nel territorio non lo frequentano e spesso sono ignari di ciò che accade e delle relative problematiche. Le funzioni religiose sono poco frequentate ed è assordante l'assenza dei giovani. Una volta il parroco era parte integrante del territorio, coinvolgeva i giovani li radunava nei gruppi di azione cattolica, li coinvolgeva, evitava che questi si allontanassero dal territorio, prendendo strade pericolose. Oggi senza attività di azione cattolica giovani, questi si aggregano dinnanzi ai bar ove bevono a dismisura, giocano con infernali macchinette mangiasoldi e spesso sono attratti dalla droga. Ricordo con tristezza le congreghe, Rocca, Tuoro, Cassano e credo anche Squillani ne avessero una. Oggi anche questo sta venendo meno per mancanza di motivazioni. Devo segnalare con piacere che almeno a Rocca, con l'avvento di don Stefano, il quale occupa la canonica, si vede il sacerdote in strada e con esso, fino all'esplodere della pandemia, sono state organizzate attività di aggregazione dei giovani.
Dobbiamo augurarci che con la fine della pandemia, la gente riscopra il senso di appartenenza, frequentando di più i luoghi natii e cercando di perpetuare e diffondere le nostre belle ed antiche tradizioni. - (PRIMAPRESS)