1 Maggio, stop alle discriminazioni sui posti di lavoro
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(PRIMAPRESS) - “Il 1 Maggio deve essere anche il giorno per richiamare le attenzioni contro le discriminazioni sui posti di lavoro”: così l'ANDDOS, la più grande associazione italiana Lgbti con 177.250 iscritti, invita a riflettere sui pregiudizi nella società anche nel mondo del lavoro.
Spesso, infatti, sui posti di lavoro si verificano situazioni incresciose che possono essere definite delle vere e proprie discriminazioni, per le quali sono previste dalla legge delle sanzioni. Si può essere discriminati all'atto dell'assunzione, se ad esempio nel modello di assunzione o nel colloquio vengono fatte domande in merito allo stato di gravidanza, allo stato di famiglia, alle intenzioni in merito per il futuro; oppure si fanno illazioni o esplicite domande sull'orientamento sessuale o peggio ancora se vengono richiesti esami clinici per accertare la presenza di una gravidanza. Le discriminazioni poi, possono avere luogo direttamente sul luogo di lavoro, se ad esempio si viene esclusi dalla formazione professionale perché si fa un orario ridotto, perché in possesso di contratto part time, se al rientro di un congedo previsto dalla legge si viene adibiti a mansioni inferiori a quelle precedenti, se non vengono offerte mansioni che consentono uno sviluppo nella carriera o ancora se si è stati oggetto di molestie sessuali o verbali. Essere trattati con rispetto e dignità è un diritto inalienabile di ogni lavoratrice e lavoratore. Ogni azienda, pubblica e privata, richiamandosi alla raccomandazione 92/131 Cee sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul posto di lavoro, ai principi costituzionalmente sanciti di parità sostanziale tra uomini e donne, alla disciplina contrattuale più recente in materia, dovrebbe adottare il codice di condotta contro le molestie e il mobbing e per la tutela della dignità di tutte le persone che lavorano. Anche la derisione e l'emarginazione, i comportamenti abusivi a connotazione sessuale o le aggressioni fisiche sono considerati espressione del mobbing.
“Il decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216, in attuazione della direttiva comunitaria sulle discriminazioni da orientamento sessuale nei luoghi di lavoro – spiega il presidente nazionale Mario Marco Canale dell'associazione ANDDOS - ha individuato casi di discriminazione nei luoghi di lavoro in base alla religione, alle convinzioni personali, agli handicap, all'età e all’orientamento sessuale. Nonostante si tratti dell’unica legge italiana contro le discriminazioni che contempli anche le casistiche legate all’omofobia, il nostro Paese è ancora molto lontano da quella maturità civile e sociale necessaria affinché ciascuno possa sentirsi libero di vivere la propria identità in qualsiasi posto di lavoro. Inoltre, l’applicazione della normativa ai casi di transfobia rimane ancora affidata al giudice, non essendo esplicitamente menzionata l’identità di genere. I casi di persone che celano il proprio orientamento per motivi professionali e occupazionali, o che vengono discriminati per aver fatto coming out, sono purtroppo ancora all'ordine del giorno. Il primo maggio, festa del lavoro, deve significare, quindi, anche dare forza alla normativa a tutela dell'identità individuale sul lavoro e renderla così sempre più efficace”. - (PRIMAPRESS)
Spesso, infatti, sui posti di lavoro si verificano situazioni incresciose che possono essere definite delle vere e proprie discriminazioni, per le quali sono previste dalla legge delle sanzioni. Si può essere discriminati all'atto dell'assunzione, se ad esempio nel modello di assunzione o nel colloquio vengono fatte domande in merito allo stato di gravidanza, allo stato di famiglia, alle intenzioni in merito per il futuro; oppure si fanno illazioni o esplicite domande sull'orientamento sessuale o peggio ancora se vengono richiesti esami clinici per accertare la presenza di una gravidanza. Le discriminazioni poi, possono avere luogo direttamente sul luogo di lavoro, se ad esempio si viene esclusi dalla formazione professionale perché si fa un orario ridotto, perché in possesso di contratto part time, se al rientro di un congedo previsto dalla legge si viene adibiti a mansioni inferiori a quelle precedenti, se non vengono offerte mansioni che consentono uno sviluppo nella carriera o ancora se si è stati oggetto di molestie sessuali o verbali. Essere trattati con rispetto e dignità è un diritto inalienabile di ogni lavoratrice e lavoratore. Ogni azienda, pubblica e privata, richiamandosi alla raccomandazione 92/131 Cee sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul posto di lavoro, ai principi costituzionalmente sanciti di parità sostanziale tra uomini e donne, alla disciplina contrattuale più recente in materia, dovrebbe adottare il codice di condotta contro le molestie e il mobbing e per la tutela della dignità di tutte le persone che lavorano. Anche la derisione e l'emarginazione, i comportamenti abusivi a connotazione sessuale o le aggressioni fisiche sono considerati espressione del mobbing.
“Il decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216, in attuazione della direttiva comunitaria sulle discriminazioni da orientamento sessuale nei luoghi di lavoro – spiega il presidente nazionale Mario Marco Canale dell'associazione ANDDOS - ha individuato casi di discriminazione nei luoghi di lavoro in base alla religione, alle convinzioni personali, agli handicap, all'età e all’orientamento sessuale. Nonostante si tratti dell’unica legge italiana contro le discriminazioni che contempli anche le casistiche legate all’omofobia, il nostro Paese è ancora molto lontano da quella maturità civile e sociale necessaria affinché ciascuno possa sentirsi libero di vivere la propria identità in qualsiasi posto di lavoro. Inoltre, l’applicazione della normativa ai casi di transfobia rimane ancora affidata al giudice, non essendo esplicitamente menzionata l’identità di genere. I casi di persone che celano il proprio orientamento per motivi professionali e occupazionali, o che vengono discriminati per aver fatto coming out, sono purtroppo ancora all'ordine del giorno. Il primo maggio, festa del lavoro, deve significare, quindi, anche dare forza alla normativa a tutela dell'identità individuale sul lavoro e renderla così sempre più efficace”. - (PRIMAPRESS)