Femminicidio, la sentenza della Cassazione per l’omicidio di Lorena Quaranta che indigna la società
- di RED-ROM
- in Italia
(PRIMAPRESS) - PALERMO - La sentenza della Cassazione che ha annullato l’ergastolo per il femminicidio di Lorena Quaranta, 27 anni, studentessa di medicina ha sollevato un coro di indignazione per le motivazioni che apriranno una falla nella futura giurisprudenza. Lorena fu uccisa dal fidanzato infermiere Antonio De Pace in pieno lockdown. Lo stesso De Pace aveva confessato il delitto e le motivazioni addotte dai difensori si basavano sullo stress generato da quel periodo in cui tutti gli operatori sanitari erano sottoposti a turni massacranti. Una difesa accolta dai giudici della Cassazione con questo dispositivo di sentenza che farà discutere per molto tempo: "Rebus sic stantibus, deve stimarsi che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere “efficacemente tentato di contrastare” lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica; con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio, costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale".
Dunque un omicidio generato da quella particolare situazione di forte stress e per questo non condannabile. Così il giudizio dei cinque giudici (tutti uomini) che hanno suscitato reazioni da più parti.
"È sconfortante e agghiacciante apprendere che la Cassazione ha annullato l'ergastolo per il femminicidio di Lorena Quaranta, uccisa dal convivente al quale sarebbe stato riconosciuto lo 'stress da COVID' come attenuante. Questa sentenza rappresenta un precedente pericolosissimo per tutti noi. La violenza e gli omicidi sono drammaticamente trasversali, e siamo tutti coinvolti e increduli davanti a una decisione che, messa in questi termini, non solo crea un surreale precedente, ma mina anche i punti di riferimento giuridici e sostanziali volti alla salvaguardia della vita di tutti noi." Lo ha affermato Pietro Lorefice, senatore segretario di Presidenza del Senato. Stessa posizione per Valeria Valente (Pd): "E’ una sentenza che costituisce un passo indietro, perché riconduce alla possibilità di considerare le condizioni emotive del femminicida, alla stregua insomma del raptus, o dell’impeto di gelosia di antica memoria”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, componente della Bicamerale femminicidio. “Il femminicidio è il culmine della violenza maschile – prosegue Valente – insita nelle relazioni affettive segnate dalla cultura patriarcale, per cui la donna è ritenuta in fondo dall’uomo un oggetto su cui sfogare anche la propria angoscia o la propria rabbia. Dunque è necessario conoscere bene le dinamiche di questa violenza per evitare giustificazioni ed è evidente che serve maggiore formazione per tutti gli operatori della giustizia proprio per non cadere in errore”. - (PRIMAPRESS)
Dunque un omicidio generato da quella particolare situazione di forte stress e per questo non condannabile. Così il giudizio dei cinque giudici (tutti uomini) che hanno suscitato reazioni da più parti.
"È sconfortante e agghiacciante apprendere che la Cassazione ha annullato l'ergastolo per il femminicidio di Lorena Quaranta, uccisa dal convivente al quale sarebbe stato riconosciuto lo 'stress da COVID' come attenuante. Questa sentenza rappresenta un precedente pericolosissimo per tutti noi. La violenza e gli omicidi sono drammaticamente trasversali, e siamo tutti coinvolti e increduli davanti a una decisione che, messa in questi termini, non solo crea un surreale precedente, ma mina anche i punti di riferimento giuridici e sostanziali volti alla salvaguardia della vita di tutti noi." Lo ha affermato Pietro Lorefice, senatore segretario di Presidenza del Senato. Stessa posizione per Valeria Valente (Pd): "E’ una sentenza che costituisce un passo indietro, perché riconduce alla possibilità di considerare le condizioni emotive del femminicida, alla stregua insomma del raptus, o dell’impeto di gelosia di antica memoria”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, componente della Bicamerale femminicidio. “Il femminicidio è il culmine della violenza maschile – prosegue Valente – insita nelle relazioni affettive segnate dalla cultura patriarcale, per cui la donna è ritenuta in fondo dall’uomo un oggetto su cui sfogare anche la propria angoscia o la propria rabbia. Dunque è necessario conoscere bene le dinamiche di questa violenza per evitare giustificazioni ed è evidente che serve maggiore formazione per tutti gli operatori della giustizia proprio per non cadere in errore”. - (PRIMAPRESS)