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Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), nuovi dati dal Workshop di Economia e Farmaci

(PRIMAPRESS) - ROMA - Al via il Primo Workshop di Economia e Farmaci per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (WEF-IBD 2013). I responsabili scientifici dell’evento, Antonio Gasbarrini, professore ordinario di Gastroenterologia, e Americo Cicchetti, professore ordinario di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno voluto ampliare l’approccio multidisciplinaree multistakeholder iniziato nel 2011 in ambito epatologico anche all’area delle MICI, per la quale i dati italiani correnti sono carenti dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo, benché le terapie a disposizione gravino in modo sostanziale sulle casse del Servizio Sanitario Nazionale. Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), in inglese inflammatory bowel disease (IBD), sono un gruppo patologie caratterizzate dalla presenza di infiammazione cronica a livello dell’apparato digerente, ad eziologia ignota e in assenza di attività infettiva. Le attuali conoscenze scientifiche suggeriscono che un ruolo chiave nella patogenesi delle MICI sia giocato da complesse interazioni di fattori genetici ed ambientali. Come spiega il prof. Nicola Caporaso, Ordinario di Gastroenterologia presso l’Università Federico II di Napoli, “le malattie infiammatorie croniche intestinali, ossia la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, sono patologie cronico-ricorrenti che interessano prevalentemente i giovani e che richiedono frequente monitoraggio clinico-strumentale, trattamento farmacologico pressoché continuo e, non di rado, interventi chirurgici. Per questi motivi esse determinano un notevole peggioramento della qualità della vita e costi sanitari elevati. Da qualche anno – continua Caporaso - abbiamo a disposizione trattamenti farmacologici abbastanza efficaci in molti casi, che però sono gravati da costi elevati e necessità di gestione solo in Centri altamente qualificati. Nell’ambito del WEF-IBD 2013 saranno affrontate le problematiche inerenti il vissuto del paziente oltre a tutte quelle che riguardano la malattia ed i farmaci, con l’obiettivo di riuscire ad offrire a chi ne ha bisogno il meglio che le conoscenze attuali permettono di avere”. Allo stato attuale non esiste un Registro a livello nazionale ed i dati non sono molto attendibili. Sulla base di ricerche indipendenti si calcola che in Italia ci siano almeno 200.000 persone affette da MICI, di cui il 30-40% con malattia di Crohn. La terapia standard consiste di farmaci antinfiammatori e antibiotici, con l’obiettivo di indurre la remissione clinica dei sintomi del paziente, ma spesso essa si rivela inefficace e necessita del ricorso ad intervento chirurgico. Tuttavia, anche dopo la chirurgia, il tasso di recidiva è molto elevato. L’avvento dei farmaci biologici ha modificato il gol terapeutico, puntando a cambiare la storia naturale della malattia e ad una remissione profonda. Il prof. Carlo Cammà, Ordinario di Gastroenterologia all’Università di Palermo, afferma “Solide evidenze dimostrano l’efficacia della terapia con farmaci biologici (infliximab e adalimumab) nella induzione della remissione in pazienti con malattia di Crohn. Le evidenze di costo/efficacia disponibili invece non possono essere considerate definitive per quanto riguarda l’induzione della remissione in pazienti con malattia di Crohn moderata e la terapia di mantenimento a lungo termine, mentre i risultati rientrano nelle soglie di accettabilità per la malattia di Crohn severa, puntualizzando la necessità di un’accurata selezione dei pazienti”. Il gruppo di lavoro WEF-IBD in tre mesi ha raccolto circa 400 questionari nei Centri di eccellenza afferenti alla ricerca, in modo da poter analizzare il reale valore delle terapie biologiche in confronto con la terapia standard.   Matteo Ruggeri, Economista Sanitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, conferma “Le analisi costo/efficacia condotte sulla base di modelli di simulazione e di dati reali raccolti presso i centri partecipanti a WEF sono in linea con altre evidenze utilizzate da importanti agenzie regolatorie internazionali. I farmaci biologici sono da considerarsi un buon investimento in salute in casi di malattia di Crohn grave”.   Salvo Leone, Direttore dell’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (AMICI Onlus) dichiara “Sono convinto che trattamenti con i farmaci biologici debbano essere resi disponibili quando indicati. Non ritengo giusto che ci si limiti al semplice costo delle terapie quando si trattano patologie di questo tipo, ma che sia piuttosto necessario valutare globalmente il percorso terapeutico del paziente. Se anche il costo di una terapia è elevato ma permette di controllare meglio l’affezione, il sistema avrà una diminuzione dei costi legati alla patologia, legati ad esempio ai ricoveri. Per cui alla fine anche un costo si può trasformare in un risparmio nel tempo. Per ottenere questo risultato bisogna puntare su una più efficace organizzazione sanitaria, sulla creazione di un Registro Nazionale dei portatori di mici, uniformando al livello più alto la troppo diversa offerta sanitaria delle Regioni”.   “Le scorse edizioni dal WEF – sostiene Antonio Gasbarrini – sono state largamente apprezzate da tutti gli stakeholder del sistema salute in Italia ed hanno prodotto risultati scientifici ed evidence-based di alto valore aggiunto anche per le Istituzioni. La volontà di ampliare gli orizzonti delle analisi WEF alle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali nasce appunto dall’intenzione di proseguire l’esperienza positiva iniziata nel 2011 con le epatiti, nell’interesse del progresso scientifico e soprattutto dei pazienti, che vivono in prima persona le difficoltà della malattia, e della società nella sua interezza”.
- (PRIMAPRESS)