Pandemia: uno studio della rivista medica Cell smonta il teorema delle analogie tra diffusione virale online e epidemia
- di RED-ROM
- in Salute&Benessere
(PRIMAPRESS) - ROMA - Sono oltre 54 milioni le informazioni legate alla pandemia da Covid che circolano sulla maggiore piattaforma di ricerca online. Ed è legittimo chiedersi in che modo è possibile selezionare la massiccia diffusione di informazione sulla pandemia in atto? E come misurare il loro effetto sulla gestione del fenomeno pandemico? Queste sono alcune delle domande a cui tenta di rispondere un nuovo studio pubblicato sulla rivista americana di biologia Cell.
Ad elaborare lo studio è stato un team di esperti internazionali composto da epidemiologi computazionali della Sorbona, rappresentanti dell’Oms e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani, cinesi e africani e Data Scientist dell’Istituto Sistemi Complessi del CNR e del Dipartimento di Informatica della Sapienza di Roma. I ricercatori hanno cercato di porre in relazione i due fenomeni, quello pandemico e quello infodemico, portando alla luce le differenze essenziali ma anche le forti interconnessioni tra i due e la possibilità che si influenzino vicendevolmente.
Uno dei primi punti che lo studio scardina è l’analogia fra la diffusione virale online e le epidemie sottolineando la diversità fra i due fenomeni: il processo di diffusione del virus, al contrario delle informazioni, non gode della caratteristica dell’intenzionalità. È infatti impossibile decidere di accettare, o non accettare, la presenza del virus mentre ogni utente ha la possibilità di accogliere un’informazione piuttosto che un’altra, rigettando quelle che non sono di suo gradimento.
Altro elemento cardine dello studio dono i diversi bias comportamentali, ovvero pregiudizi sviluppati sulla base dell’interpretazione delle informazioni in proprio possesso. Conoscere le dinamiche che mettiamo in atto quando processiamo informazioni è, infatti, fondamentale per una comunicazione efficace che consenta anche una gestione migliore della pandemia. Il primo comportamento preso in esame è il confirmation bias, ovvero la tendenza a cercare informazioni che confermino le nostre convinzioni e, allo stesso tempo, ignorare quelle che possano in qualche modo contrastarle. Questo tipo di atteggiamento si ripropone, a livello di gruppo sociale, come elemento di formazione delle echo chamber: termine con cui si intende la creazione di comunità omofile, gruppi di individui che si associano a partire dalla condivisione di una comune narrativa (verità), che trova così modo di rinforzarsi reciprocamente.
È importante ricordare che, come posto in evidenza dal precedente studio quantitativo dai ricercatori Scala del CNR e Quattrociocchi dela Sapienza, la diffusione infodemica ha caratteristiche diverse a seconda del social medium su cui insiste: l’infodemia è un fenomeno complesso che avviene a più livelli e presenta caratteristiche, tempistiche e “velocità” diverse a seconda del medium di interesse.
La caratteristica che però maggiormente preoccupa è la suscettibilità delle echo chamber alla polarizzazione, ovvero dalla tendenza a dividersi in fazioni con interpretazioni avverse della realtà corrente, tendenza purtroppo spesso rafforzata se non determinata dall’atteggiamento dei media nel veicolare le informazioni legate alla pandemia. Occorrerebbe quindi partire da qui per cercare di far fronte al fenomeno infodemico.
“Le potenzialità offerte dalla Data Science sono al momento poco utilizzate nell’ambito della comunicazione di emergenza” - commenta Antonio Scala – “le sue capacità di analisi potrebbero aiutarci a capire e leggere meglio, ed eventualmente anche anticipare, la formazione e l’evoluzione dell’opinione pubblica per evitare di trovarsi in situazioni in cui politiche per la gestione della pandemia ci si ritorcano contro per via di un loro impatto negativo sulla percezione del pubblico”. - (PRIMAPRESS)