Sesso e disabilita’: l’assistenza sessuale approda in parlamento
- di RED-CENTRALE
- in Salute&Benessere
(PRIMAPRESS) - MILANO - Sesso e disabilità: un binomio che in Italia subisce una censura ‘preventiva’, ben prima che l’argomento possa diventare concretamente oggetto di discussione. Ciononostante, il diritto di ogni disabile a conoscere e a gestire la propria sessualità, compatibilmente con la propria patologia, è un tema oggetto di approfondimento in diversi Paesi europei.
Da un punto di vista legislativo, ci troviamo di fronte a una questione aperta: “Ad oggi non esiste alcun progetto di legge nel nostro Paese che possa regolamentare un tema così delicato e, nonostante sia sufficiente oltrepassare il confine con la Francia o con la Svizzera per incontrare associazioni dedite alla cura e all’assistenza sessuale dei disabili, in Italia qualsiasi iniziativa del genere ricadrebbe ancora nel favoreggiamento della prostituzione con tutte le conseguenze del caso”, dichiara l’avvocato Lorenzo Puglisi, specializzato in diritto di famiglia e Presidente dell’associazione FamilyLegal. “La legge Merlin è una legge vecchia, totalmente insufficiente e inadeguata a regolamentare il fenomeno della prostituzione. In passato vi sono stati flebili tentativi di rinnovamento (come quello dell’ex ministro Carfagna), ma tutto si è arenato, mantenendo in vita una regolamentazione risalente agli anni 50”.
La Svizzera parrebbe essere nel frattempo diventata la meta prediletta ove usufruire di un servizio reale di ‘assistenza sessuale’. Il Paese mette infatti a disposizione dei disabili veri e propri team di specialisti per agevolare il contatto con la propria sessualità: dallo psicologo allo psicoterapeuta, dall’andrologo al sessuologo, fino alla figura più controversa e dibattuta, quella dell'assistente sessuale. Gli assistenti per disabili sono, infatti, figure professionali riconosciute e preparate grazie a corsi di formazione e di psicologia di base. Una seduta di un’ora costa al paziente una cifra intorno ai 150 franchi svizzeri (circa 124,53 euro).
Anche in altri Paesi europei fra cui Francia, Svizzera, Danimarca, Olanda, Svezia e Germania questo servizio a tutela della sfera emotivo-sessuale dei disabili gode già di una disciplina a livello legislativo e sono nate associazioni che se occupano, mentre in Olanda è addirittura a carico del servizio sanitario nazionale. Anche in Gran Bretagna il governo è molto attento al tema disabili e sessualità e ha stanziato ben 520 milioni di sterline per progetti di assistenza. Non solo: proprio i disabili e il sesso sono gli ingredienti dell’ultimo reality show che, non ancora andato in onda, sta già facendo discutere i sudditi inglesi. Il programma si intitolerà ‘Can have sex, will have sex’ (Possono fare sesso, faranno sesso) e andrà in onda su Channel 4.
In Italia è grazie al web che l’argomento ha iniziato a sollevare una seppur minima attenzione e l’assistenza sessuale ai disabili ha poco a poco iniziato a trovare spazio nelle cronache grazie a blog e petizioni che hanno focalizzato l’attenzione su questo tema (http://www.loveability.it/). Il problema fondamentale da affrontare risulta essere, quindi, la qualifica di terapista sessuale. In Italia questa professione non è ancora stata presa in considerazione da un punto di medico, ma, al contrario, continua ad essere equiparata alla prostituzione: “La legislazione italiana in materia parla chiaro: le pene vanno da uno a cinque anni di reclusione e si raddoppiano se al colpevole la persona era stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia”, continua l’avvocato Puglisi.
La questione non può continuare a essere ignorata, negando di fatto l’esistenza di una sfera emotiva e sessuale per i disabili. “Nel nostro Paese sono circa 3 milioni le persone con disabilità, e ogni anno ci sono circa 2.000 i nuovi casi. – spiega Marco Firmo, andrologo – Inizialmente è fondamentale il supporto di uno psicologo, che aiuti il disabile a prendere coscienza e ad accettare la propria condizione, ancor prima di affrontare eventuali cure mediche. Il secondo aspetto da considerare è quello più strettamente legato alla sfera sessuale, e qui entrano in gioco le competenze del sessuologo, che dovrà indirizzare il paziente verso una corretta ‘gestione’ della propria vita sessuale, in funzione della consapevolezza e dei propri desideri. In terzo step va affrontato insieme all’andrologo, il cui compito è quello di mettere il disabile nelle condizioni di esercitare ciò che desidera o di ripristinare eventuali funzioni alterate, e, possibilmente, di giungere ad un recupero funzionale. Non da ultimo, l’attenzione va posta anche verso le possibili istanze del disabile legate alla procreazione, che richiedono un intervento tecnico sul piano funzionale e rivolto alle tecniche di procreazione medica assistita”.
Pioniere di questa battaglia nel nostro Paese è stato il toscano Max Ulivieri, costretto dalla nascita su una sedia a rotelle a causa della distrofia muscolare e felicemente sposato, che a febbraio ha lanciato una petizione online (firmiamo.it/assistenzasessuale) perché anche nel nostro Paese venga istituita questa figura. I sessuologi si dividono: da una parte c’è chi sostiene che la questione vada affrontata e definita e che l’assistenza debba essere praticata da operatori volontari, di contro altri restano del parere che il dovere del medico si debba limitare a mettere l’individuo nelle condizioni di poter esercitare le proprie funzioni, fra cui quella sessuale.
“Ciò che è evidente è che il problema esiste e procrastinare una soluzione, come si è soliti fare nel nostro Paese, rischierebbe solamente di alimentare organizzazioni clandestine o, nella migliore delle ipotesi, la migrazione verso l’estero come sta avvenendo per la fecondazione eterologa o la diagnosi preimpianto”, conclude l’avvocato Puglisi. - (PRIMAPRESS)