Vaccino antinfluenzale e pneumococcico aumentano la protezione nella copertura contro il Covid-19
- di RED-ROM
- in Salute&Benessere
(PRIMAPRESS) - ROMA – L'inverno alle porte e la questione vaccino ancora aperta per molti potrebbe far trascurare la vaccinazione antinfluenzale con la copertura pneumococcica che secondo quanto sostenuto dalle società scentifiche di pneumologia ed infettivologia avrebbero anche un effetto positivo nella riduzione del rischio di Covid-19.
“Studi recenti hanno evidenziato come la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica riducano significativamente il rischio di acquisire l’infezione da SARS-CoV-2, in particolare nei soggetti di età superiore ai 60 anni – sottolinea per la S.I.P./I.R.S. Francesco Blasi, professore ordinario di Medicina respiratoria al dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti dell’Università degli Studi di Milano – Questo effetto potrebbe essere legato ad una maggiore propensione dei soggetti che si vaccinano ad osservare le misure di prevenzione delle infezioni ma soprattutto ad una stimolazione da parte dei vaccini della immunità innata che si ipotizza possa indurre un effetto sinergico di protezione dei vaccini anti-influenzale e anti-pneumococcico nei confronti della acquisizione dell’infezione da SARS-CoV-2”. I dati traslazionali su MERS – Middle East Respiratory Syndrome da coronavirus – suggeriscono infatti che le co-infezioni virali e batteriche tipiche del clima rigido invernale possono aumentare l’infettività di SARS-CoV-2, contribuendo all’infiammazione polmonare, all’evoluzione della polmonite e alla gravità della malattia durante la risposta immunologica. Per quanto riguarda la malattia grave, l’associazione tra SARS-CoV-2 e altri virus è stata segnalata fino al 35% dei pazienti gravi, includendo virus influenzali e principalmente l’influenza di tipo A. A sua volta, la co-infezione batterica da Streptococcus pneumoniae è risultata la più frequente tra i pazienti COVID-19, in una serie di studi osservazionali prospettici in tutta Europa. Nello specifico, I pazienti COVID-19 affetti da super-infezioni acquisite in ospedale hanno mostrato esiti clinici peggiori rispetto ai pazienti senza infezione batterica. “Non bisogna fermarsi alla vaccinazione contro COVID-19, per quanto fondamentale in questo momento – dichiara Matteo Bassetti, Professore ordinario di Malattie infettive e Direttore della Clinica Malattie Infettive, Ospedale San Martino di Genova,Presidente della S.I.T.A. – ma è necessario promuovere anche la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica: le Società scientifiche S.I.T.A. e S.I.P./I.R.S. vogliono rafforzare questo messaggio, incentivando la popolazione ad attenzionare e non sottovalutare l’influenza stagionale e la malattia pneumococcica, perché non esiste solo il COVID-19 e queste patologie già prima della pandemia costituivano una minaccia importante soprattutto per la salute delle persone più fragili. L’invito rivolto a tutta la popolazione, ma soprattutto alle categorie fragili, è quello di vaccinarsi al più presto, possibilmente entro i mesi di novembre e dicembre”. Una meta-analisi fondamentale di studi osservazionali che hanno coinvolto più di 290.000 partecipanti ha rilevato che la precedente esposizione alla vaccinazione anti-influenzale rappresentava un fattore protettivo indipendente contro il rischio di infezione da SARS-CoV-2, specialmente nei pazienti di età superiore ai 60 anni. Tuttavia, non si può escludere un possibile effetto dei vaccini virali nell’induzione di un’attivazione non specifica dell’immunità innata. Anche la vaccinazione pneumococcica è stata associata a una riduzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2. L’analisi dei dati regionali statunitensi e italiani ha confermato questi risultati dimostrando che il tasso di vaccinazione antinfluenzale negli adulti in età superiore ai 65 anni, in combinazione con il tasso di vaccinazione pneumococcica, ha fornito una protezione significativamente più elevata contro il rischio di COVID-19 rispetto ai singoli vaccini. - (PRIMAPRESS)
“Studi recenti hanno evidenziato come la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica riducano significativamente il rischio di acquisire l’infezione da SARS-CoV-2, in particolare nei soggetti di età superiore ai 60 anni – sottolinea per la S.I.P./I.R.S. Francesco Blasi, professore ordinario di Medicina respiratoria al dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti dell’Università degli Studi di Milano – Questo effetto potrebbe essere legato ad una maggiore propensione dei soggetti che si vaccinano ad osservare le misure di prevenzione delle infezioni ma soprattutto ad una stimolazione da parte dei vaccini della immunità innata che si ipotizza possa indurre un effetto sinergico di protezione dei vaccini anti-influenzale e anti-pneumococcico nei confronti della acquisizione dell’infezione da SARS-CoV-2”. I dati traslazionali su MERS – Middle East Respiratory Syndrome da coronavirus – suggeriscono infatti che le co-infezioni virali e batteriche tipiche del clima rigido invernale possono aumentare l’infettività di SARS-CoV-2, contribuendo all’infiammazione polmonare, all’evoluzione della polmonite e alla gravità della malattia durante la risposta immunologica. Per quanto riguarda la malattia grave, l’associazione tra SARS-CoV-2 e altri virus è stata segnalata fino al 35% dei pazienti gravi, includendo virus influenzali e principalmente l’influenza di tipo A. A sua volta, la co-infezione batterica da Streptococcus pneumoniae è risultata la più frequente tra i pazienti COVID-19, in una serie di studi osservazionali prospettici in tutta Europa. Nello specifico, I pazienti COVID-19 affetti da super-infezioni acquisite in ospedale hanno mostrato esiti clinici peggiori rispetto ai pazienti senza infezione batterica. “Non bisogna fermarsi alla vaccinazione contro COVID-19, per quanto fondamentale in questo momento – dichiara Matteo Bassetti, Professore ordinario di Malattie infettive e Direttore della Clinica Malattie Infettive, Ospedale San Martino di Genova,Presidente della S.I.T.A. – ma è necessario promuovere anche la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica: le Società scientifiche S.I.T.A. e S.I.P./I.R.S. vogliono rafforzare questo messaggio, incentivando la popolazione ad attenzionare e non sottovalutare l’influenza stagionale e la malattia pneumococcica, perché non esiste solo il COVID-19 e queste patologie già prima della pandemia costituivano una minaccia importante soprattutto per la salute delle persone più fragili. L’invito rivolto a tutta la popolazione, ma soprattutto alle categorie fragili, è quello di vaccinarsi al più presto, possibilmente entro i mesi di novembre e dicembre”. Una meta-analisi fondamentale di studi osservazionali che hanno coinvolto più di 290.000 partecipanti ha rilevato che la precedente esposizione alla vaccinazione anti-influenzale rappresentava un fattore protettivo indipendente contro il rischio di infezione da SARS-CoV-2, specialmente nei pazienti di età superiore ai 60 anni. Tuttavia, non si può escludere un possibile effetto dei vaccini virali nell’induzione di un’attivazione non specifica dell’immunità innata. Anche la vaccinazione pneumococcica è stata associata a una riduzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2. L’analisi dei dati regionali statunitensi e italiani ha confermato questi risultati dimostrando che il tasso di vaccinazione antinfluenzale negli adulti in età superiore ai 65 anni, in combinazione con il tasso di vaccinazione pneumococcica, ha fornito una protezione significativamente più elevata contro il rischio di COVID-19 rispetto ai singoli vaccini. - (PRIMAPRESS)